Nutro un odio profondo per le cover band, le trovo inutili e banali. I piccoli locali e pub la pensano diversamente, non si contano le serate dedicate a band tributo di Queen, Oasis, U2, Vasco Rossi e chi più ne ha più ne metta. Un omicidio di massa della creatività e dell'originalità. Non si crea più, il musicista assomiglia sempre più allo studente sfigato dell'ultima fila, copia dal secchione della classe e consegna un'imitazione pedissequa dell'originale. Di per sé coverizzare brani di altri artisti è una sfida stimolante ed avvincente, la questione critica è la mancanza di un approccio personalistico verso i propri modelli. Il panorama musicale contemporaneo è affollato da sosia e imitatori. Non esiste più la nobile arte del " copia, ma non si vede" o "fa cover, ma con stile e personalità". Negli anni sessanta- settanta i brani famosi venivano rifatti da artisti su artisti, ma ciascun musicista tracciava la propria orma indelebile. I Suck, band hard rock sudafricana, ci hanno costruito una carriera. Il loro primo ed unico album "Time to suck" (Emi, 1970) è composto, fatta per eccezione per "The Whip" (registrata in sei ore negli studi della EMI a Johannesburg), da cover. Il chitarrista Stephen "Gil" Gilroy , il batterista Saverio "Savvy" Grande, il bassista Louis Joseph "Moose" e il flautista / cantante Andrew Ionnides si prodigano nel rifacimento di classici blues / hard rock, progressive rock e folk. Alcune cover sono più riuscite (Aimless Lady, Season of the witch, Sin's a good man's brother), altre meno (I'll be creeping). Il livello qualitativo si mantiene medio - alto, la personalità dei Suck emerge prepotentemente, la volontà c'è, la voglia pure, la determinazione anche, manca la fortuna. "Time to suck" passa inosservato, un disco di cover, per quanto ben fatto, è un punto di partenza, non d'arrivo, una cover non lascia trasparire appieno l'inventiva creativa. Le abilità compositive dei Suck, presunte e potenziali, rimangono nascoste, non per volere della band, ma delle circostanze nefaste (l'aggravarsi della situazione politica e sociale). Il desiderio di registrare materiale inedito si infrange, il gruppo dopo l'uscita di "Time to suck" si scioglie. Tutto è finito o quasi. La storia dei Suck vive grazie ai cultori dell'hard-rock. Recentemente, nel Novembre 2001 "Time to suck" è stato masterizzato su cd, grazie all'etichetta sudafricana Retro Fresh.
6 commenti:
c'è di tutto dall'hard rock al prog...strani!!!
A bologna o fai cover o trovar da suonare e' davvero dura se non impossibile, ingiusto ma e' cosi'.
Brutta storia, Tyler.
Sì, Cirano, spaziano dall'hard rock alla psichedelia.
Comunque credo siano tra i pionieri di certa musica nella zona "australe"! Bel post, concordo abbastanza sul ragionamento delle cover, ma credo anche che se ben fatte possano resuscitare canzoni, artisti e offrire buona musica. ...poi serve anche altro.
un saluto!
Sì, i Suck tra i pionieri della scena heavy sudafricana. Sì, concordo, come ho già detto, il problema è la mancanza di personalità e l'abuso svilente della forma cover.
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