venerdì 22 aprile 2011

Debris'-Static Disposal


Artista:Debris’
Titolo: Static Disposal
Anno:1976
Genere: Pre Punk
Tracklist:
1.One way spit
2.Female tracks
3.Witness
4.Tricia
5.Boyfriend
6.Leisurely waiting
7.New smooth lunch
8.Manhattan
9.Flight taken
10.Tell me
11.Blue girls


Troppo spesso quando si parla di punk, si fa riferimento quasi sempre alle solite tre band(ad occhio, sex pistols, the clash e ramones), dimenticandosi l’infinità di gruppi minori, che pur non essendo riusciti a cavalcare l’onda della notorietà, hanno contribuito non poco alla creazione e sviluppo del sound punk. E’ il caso dei Debris’. Lo so, la maggior parte di voi reagirà come quando si appresta con curiosità a guardare la copertina di Visto e trova nomi di perfetti sconosciuti. Partirà spontanea la domanda”Chi????????”. Meglio  subito fare chiarezza. I Debris’ sono una band di Chishaka, Oklahoma. Dimenticati dai più, hanno influenzato gruppi come Nurse with wound, Sonic Youth, The Flaming Lips.Nel 1976 pubblicano il loro primo e unico album “Static Desposal”. Pietra miliare del proto-punk. Il disco, registrato il 10 e il 16 Dicembre 1975 ai Benson Sound studios, a Oklahoma city, è un quadro dadaista(Ma esistono i quadri dadaisti?). Per la prima volta o quasi si  cerca di non rimanere intrappolati nei canoni compositivi triti e ritriti. Missione compiuta. “One way spit” è un canto disperato per tutti gli “hopeless”.Voce sgraziata, chitarre sgangherate. Schegge di pazzia in orbita. Delirio assicurato. Don’t try this at home! Potrebbe esservi letale. Rumori indescrivibili, navicelle spaziali, motoseghe o sintonizzazione di radio frequenze(?). Uomini finiti sul pianeta delle scimmie. Uno scimpanzé prende la parola o mi sbaglio?(“Tricia”). Stiamo  regredendo a una forma primitiva. Sì, proprio così. Ci spogliamo degli accessori ingombranti. Quanti oggetti inutili popolano la quotidianità?E’ ora di liberarci!It’s only rock’n’roll, but I like it. La forma-canzone classica ha i minuti contati. Sperimentazione, improvvisazione, sono i  nuovi protagonisti. Dissonanze, ripetizioni, stop e go, suoni fuori campo. A tratti riviviamo l’irruenza garage degli Stooges(“New smooth lunch”,”Leisurely waiting”), la psichedelia punk futuribile dei Pop group, la  lucida follia del Capitano cuor di manzo(“Witness”,”Female tracks”). Assistiamo divertiti a quello che potrebbe essere benissimo un Brian Ferry ubriaco che canta allegramente ”Love is the drug” accompagnato da malinconici accenni di Sax (“Tell me”,”Boyfriend”,”Manhattan”, ”Blue girls”). Nessuna via, nemmeno la più nascosta, è preclusa. La destinazione è certa, il mattatoio vi aspetta. Prendete il volo (“Flight taken”). Free your mind!


Recensione pubblicata anche su The Wave Lenght


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