lunedì 28 novembre 2011

Intervista a Matt Pahl (The Floor)



Qualche anno fa ascoltai "Personell"(2005), album di debutto dei Floor, band post-punk canadese. Un gruppo sottovalutato e dimenticato,  un peccato. Se non li conoscete, non preoccupatevi, adesso avete l'occasione di farvi un'idea a riguardo, ho intervistato Matt Pahl, cantante e chitarrista del gruppo.


Over the wall blog:
L'opportunità di intervistarti, Matt (voce, chitarra dei Floor), è una grande fortuna. Grazie per l'attenzione, cominciamo dall'inizio. Introduciti e dicci qualcosa sui The Floor.


Matt Pahl: Siamo tutti ( riferito ai The Floor) cresciuti a Edmonton, Canada. In linea di massima, purtroppo, un tipo di posto che fa molto Nickelback.
Nel 2001 avevo 23 anni, avevo appena finito un album inspirato dalle sonorità degli Slowdive, chiamato "Lost in a Silver Screen". Nessuno ci ha fatto davvero caso, eccetto la Clairecords, etichetta statunitense che me ne ha venduto qualche copia . Certamente, non un suono popolare nel Nord America.
Determinato, misi insieme una band per fare qualcosa live- My bloody valentine/ Ride/ Swervedriver- un repertorio sulla falsariga dei dischi della Creation (etichetta shoegaze) di fine anni 80- inizio anni 90. Sai, molti effetti per pedali, luci stroboscopiche, occhi coperti dai capelli, chitarre surf ecc.
Ma mesi dopo siamo finiti col fare musica, influenzata dai JAMC, con una forte presenza di feedbacks, che si trasformava eventualmente in qualcosa di più calmo,  ricalcando le sonorità aggressive degli Echo & the Bunnymen.  Cominciammo ad usare una vecchia tastiera analogica per fare materiale alla Joy division / Cure  e New Order, The Chameleons, Gang of four, The Sound, i primi u2 e poi occasionalmente Duran Duran o Killing Joke, a seconda del nostro umore. Eravamo addentro a molto materiale post punk, e pop anni ottanta.
O: Certamente, la vostra maggiore fonte di influenza è il post punk britannico, ma sono curiosa,  ci sono altre influenze?
M. P. : Sono addentro a molta roba : qualsiasi cosa fatta con convinzione e che abbia un forte senso della melodia. Mi piacciono anche il blues anni sessanta, il punk rock e la vecchia tradizione pop radiofonica.
O:Perchè   si sono sciolti i Floor ?
M. P : I Floor si sono sciolti perché non siamo arrivati da nessuna parte- vivendo, facendo tour, suonando nelle zone desertiche del Nord America (relativamente poco popolate, aperte e inesorabili) vecchia musica- pastiche europea(nota: con il termine "pastiche" si intende un' opera musicale, artistica, letteraria composta su imitazione di altre)  a persone, nella maggior parte di casi, senza interesse e gusto necessari per  farsi coinvolgere da questo tipo di musica. Molti tour non hanno avuto successo,  non sono mancate poi brutte interruzioni di rapporti e un po' di  insoddisfazione per il  dislivello tra fatica e compenso ecc. Cose che capitano alle band motivate dal fine artistico sopra quello commerciale.
Abbiamo iniziato come "Floor" nel 2002  e a partire da metà 2005, artisticamente, ci sentivamo appiattiti. Quando cominciai a scrivere il materiale nuovo, sentivo che ci stavamo ripetendo. Iniziai anche a mal sopportare il mio personaggio oscuro, dovevo sentirmi coinvolto per poter cantare con convinzione. Questo lato "Floor" della mia personalità cominciò seriamente a portarmi inaspettatamente in una fase depressiva ed avevo bisogno di una via di uscita. In realtà sono un ragazzo scherzoso, felice, fortunato, un po' sciocco, ed è difficile da credere, ma mi  preso così sul serio fino ad arrivare a produrre nuovo  materiale. Ritornando indietro, anche se sembra strano, sono fiero di quasi tutto quello che ho fatto. 
Comunque, pensai che fosse meglio concludere la nostra storia al massimo della nostra popolarità- popolarità relativa, se vuoi. Soprattutto volevamo mantenere saldo il rapporto di amicizia tra di noi.
O: Cosa hai fatto dopo i The Floor, sei ancora dentro il mondo della musica, hai avuto qualche esperienza musicale?
M. P. : Nel 2006 ad Edmonton ho suonato la chitarra in un gruppo chiamato "Columbus", che si richiama allo stile art-pop anni sessanta con un tocco alla Cliff and The Shadows / Blur e chitarra alla Smiths. Nel 2007 mi sono spostato verso sud, a Calgary, ed ho suonato e cantato negli Heat Ray, è stato terribile, ma ho avuto occasionalmente anche qualche momento in stile Dinosaur jr.. Ci siamo sciolti l'anno scorso dopo  un smash up in stile Who sul palco.
Mi piace mescolare e provare cose nuove ogni due anni. Lo scorso mese, per Halloween io e Paul (bassista dei Floor) abbiamo suonato insieme in una tribute band dei Motorhead. E' stato troppo divertente.  Stiamo lavorando di nuovo insieme per gli Allowers, un progetto in stile Ramones, con la parte vocale molto easy. Crepi il lupo.


Original Version (English)
Some years ago I listened to "Personell" (2005), the debut album of The Floor, a canadian post- punk band. They are underrated and forgotten, it is such a shame. If you don't know the Floor, don't worry, now you have the chance to know them. I interviewed Matt Pahl, the singer and of the band.




Over the wall blog:
It's a great luck to have an opportunity to interview you, Matt  (guitar, vocals of The Floor). Thanks for the attention and let's start from the beginning. Please introduce yourself and say a few words about The Floor.

Matt Pahl: We all grew up in Edmonton, Canada. Sadly, very much a Nickelback kind of place, by and large.
2001: I was 23 & I just finished a Slowdive-inspired album called Lost in a Silver Screen. Nobody really picked up on it, except for a company in the states called Clairecords who sold a few copies for me. Obviously not a popular sound in N. America, though. 
Determined, I assembled a band to do that sort of stuff live - My bloody valentine / ride / swervedriver - late 80's / early 90's Creation records "shoegazer" atmospheric type stuff. You know - lots of effects pedals - strobe lights, hair in our eyes, surf guitars etc.

But months later we ended up with a feedbacky JAMC-influenced sound that eventually quieted down more to an aggressive Bunnymen sound. We started using an old analog keyboard to do Joy Division / Cure type stuff - and New Order, the Chameleons, Gang of 4, The Sound, early U2 and then occasionally Duran Duran or Killing Joke depending on our mood. We were seriously into a lot of that post punk stuff, but also a lot of 80's pop.
O: Of course, your main influence was probably british post-punk, but I'm curious, I want to know if there are other musical influences.
M.P. : I'm into all sorts of stuff - anything with conviction & strong melodies. I also like a lot of 60's blues stuff, punk rock and old time radio pop.
O: Why did The Floor break up?
M.P :The Floor broke up because we weren't getting anywhere really - living & touring in the relatively unpopulated, expansive, unforgiving wastelands of North America, playing old Euro-pastiche music, mostly to people with no clue or taste for it. Many unsuccessful tours, bad breaks, dissatisfaction with our effort level vs. payoff etc. The usual stuff for bands motivated for the sake of art over commerce.

We'd started as The Floor in 2002 & by mid-2005, artistically we felt we'd leveled out too. I felt we'd begun repeating ourselves when writing new material.

I also begun resenting the dark persona I had to immerse myself in order to sing our stuff convincingly. This "Floor side" of my personality began to seriously overtake me in a depressing way, and I needed a way out. I am actually a pretty fun and happy go lucky type of guy. I am really goofy actually, and it's hard to believe I even did that insanely self-serious stuff. Looking back - I'm still proud of most of it though...


Anyway - I figured it was best to end it when we were at the peak of our popularity - relative popularity, if you will. And we wanted to keep our friendships intact above all else.
 O:What did you do after the closing of The Floor? Were you into any other music or art music experience?
M.P. :2006 - in Edmonton - I played guitar in a band called Columbus - a 60's pop art type thing with a Cliff and the Shadows style & Blur / Smiths type guitars thrown in.
 2007 - I moved south to Calgary & sang and played guitar in Heat Ray, which was terrible, but it had some nice & noisy Dinosaur Jr. type moments occasionally. We split last year after a Who-style smash up on stage.
 I like to shake things up and try new things every couple of years. Last month, Paul (bassist from the Floor) and I played together in a Motorhead tribute band for Halloween. It was too much fun.
We're together again working on stuff right now for a Ramones / lounge-singer vocals type thing called the allovers. Wish us luck!




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giovedì 24 novembre 2011

Claudio Lolli - Vent'anni





Vent'anni tra milioni di persone, che intorno a te inventano l'inferno. Ti scopri a cantare una canzone, cercare nel tuo caos un punto fermo.
Vent'anni nè poeta nè studente, povero di realtà ricco di sogni, vent'anni e non sapere fare niente, nè per i tuoi nè per gli altrui bisogni, vent'anni e credi d'essere impotente.
Vent'anni e solitudine sorella, ti schiude nel suo chiostro silenzioso, il buio religioso di una cella, la malattia senile del riposo.
Vent'anni e solitudine nemica, ti vive addosso con il tuo maglione, ti schiaccia come un piede una formica, ti inghiotte come il cielo un aquilone, vent'anni e uscirne fuori è fatica.
Vent'anni e stanza ormai piena di fumo, di sonno di peccati e di virtù, lasciandoti alle spalle un altro uomo, dovresti finalmente uscire tu.
Vent'anni e il vecchio mondo ti coinvolge, nel suo infinito gioco di pazienza, se smusserai il tuo angolo che sporge, sarai incastrato senza resistenza, vent'anni prima prova di esperienza.
Vent'anni e ritagliare i confini, di un amore che rinnova l'esistenza, e ritrovarsi ai margini del nuovo, scontento della tua stessa partenza.
Vent'anni e una coscienza rattrappita, che vuole venir fuori e srotolarsi, come tendere un filo tra due dita, vedere quanto è lungo e misurarsi, vent'anni fare i conti con la vita.
Vent'anni e già vorresti averne trenta, esserti costruito già un passato, vent'anni e l'avvenire ti spaventa, come un processo in cui sei l'imputato
Vent'anni strano punto a mezza strada, il senso dei tuoi giorni si nasconde, oltre quella collina mai scalata, di là dal mare e dietro le sue onde, vent'anni rabbia sete e acqua salata.



Me l'hanno appena dedicata, non c'è canzone migliore per descrivere il mio stato d'animo attuale. Il cantautorato sfiora la poesia ed arriva dritto al cuore. Colpire i sentimenti più profondi senza risultare banali, un pregio di pochi. Il mondo è pieno di canzoni infarcite di luoghi comuni e stereotipi , Lolli sfugge da tutto ciò, per cogliere il lato nascosto, ma più vero di un ventenne.

domenica 20 novembre 2011

French touch pt.2 :Papier Tigre





Il nome "Papier Tigre", sconosciuto in Italia, rappresenta una delle  realtà francesi più interessanti in ambito noise rock. Tutto ha inizio a Nantes nel Gennaio 2006, quando Eric Pasquereau (chitarra, voce), Arthur De La Grandiére (chitarra) e Pierre- Antoine Parois (batteria), dopo aver suonato insieme in vari gruppi (Room 204The Patriotic Sunday e Argument), decidono di dar vita a un nuovo progetto dalle coordinate post- hardcore, noise rock : i Papier Tigre. 

Nel 2007 esce l'album di debutto omonimo del gruppo su etichetta Collectif-Effervescence per la Francia e Wangba Records per la Cina. Un disco dalle forte potenzialità, non sempre messe a fuoco. Emerge la vena noise del trio, la scelta di escludere dalla line-up un bassista è voluta, fatta per dar risalto presumibilmente alle due chitarre, che si muovono tra pensiero ed azione. I Papier tigre hanno tanti padri e madri, figli di certo math-rock, ma anche di certa tradizione post-hardcore e post-rock americana. L'incontro perfetto tra Squirrel Bait, Slint e Shellac in un bar francese. 

Mmm ho detto bar, forse meglio pub, dove bere in compagnia e scatenarsi  a suon di musica. Sul palco sono già pronti i Papier Tigre, veri animali da palco. Vi chiederete se ho mai assistito a un loro concerto? Beh, no, magari, ve l'avrei già raccontato. I video dei live si trovano su youtube e fanno venire voglia di prenotare un biglietto aereo e andarsi vedere i Papier in qualche locale francese. Eric, Arthur si muovono on stage come dannati morsi da qualche strano insetto. Un'instancabile live band, sono stati in tour  in ben 23 paesi, tra cui Cina, Hong Kong, Giappone, Stati Uniti, Canada e Brasile. Nel 2008 il gruppo rilascia il secondo album "The Beginning and End of Now", più tardi pubblicato in Brasile su etichetta Monstro Discos.
Il trio affina le proprie armi, ritorna più potente e determinato di prima. Il groove è  sempre in crescendo, difficile da fermare come il bicchiere raffigurato in copertina, in caduta libera. Eric e compagni elaborano soluzioni aggressive, ma calibrate. Si crea un'alchimia che esplode al momento giusto. Chimica scoppiettante, convincente a tal punto che gli Explosions in the Sky invitano il trio a partecipare al prestigioso evento "All tomorrow's parties. Sarebbe l'ora di una meritata pausa, ma i Papier tigre non possono stare fermi, sul divano a poltrire. Nel 2010 pubblicano un split album con Electric Electric, Marvin e Pneu. Nel 2011 non incidono nuovo materiale, ma sono di nuovo in tour, e non con l'ultimo arrivato, ma con Mike Watt (storico bassista dei Minutemen). Chissà cosa faranno ad anno nuovo? Un nuovo album? Non rimane che incrociare le dita e sperare che non finisca il mondo.







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mercoledì 16 novembre 2011

R.E.M. - Up



"Up" (1998), primo album senza il batterista Bill Berry, da poco dimissionario, è il disco che non ti aspetti dai R.E.M.. Dal tocco elettronico, atipico ed intimista. Lontano anni luce dalle prove precedenti della band. Dopo Monster e New Adventures in Hi-fi, dalla forte impronta rock, i R.E.M. senza un batterista fisso (le poche parti di batteria sono suonate da turnisti di eccezione, Barrett Martin, Joey Waronker) registrano tra Seattle e Athens quattordici brani tra ambient ed art pop. Si apre un nuovo capitolo della storia dei R.E.M., sono passati dieci anni dall'abbandono dall'etichetta indie I.R.S. e solo qualche anno dai fasti dei primi anni novanta (Automatic for the people su tutti), il gruppo si ritrova senza Berry a tracciare nuove strade sonore. Non è mai facile reinventarsi, tanto meno per una band dalla carriera ventennale. Difficile ripetere i capolavori dei tempi che furono, e che per definizione non saranno mai più. "Up" è un tentativo, riuscito solo a tratti, di opera pop tardo-contemporanea. Riporta in note le impressioni a caldo del fluire quotidiano, tra aeroporti e uffici. Nel brano di apertura "Airportman", breve frammento di suoni post-industriali, si percepisce il respiro dell'uomo di affari, che passe ore, giorni in aeroporto. "Daysleeeper", ballata acustica, ne raffigura i pensieri e i sogni sul sorgere del primo bagliore mattutino. Ne consegue un perfetto ritratto della società liquida descritta dal sociologo polacco Bauman : la mancanza di certezze, punti fermi e la continua ricerca di un'identità. I R.E.M.  stessi sono alla ricerca di un profilo artistico perduto, brani ibridi come "Lotus" e  "Hope", sono frutto di un'instabilità di fondo. Il profondo senso di smarrimento, catturato dai battiti elettronici altalenanti e sincopati, emerge nell'ampio flusso di immagini, fotografato dalle liriche di Stipe: il professore insicuro e triste ("Sad Professor"), l'apologo, pronto a scusarsi per ciò che è stato "I wanted to apologize for / Everything I was"("The apologist"), il protagonista di "Suspicion", incapace di intraprendere la benché minima relazione sociale. L'animo umano dei protagonisti descritti in Up e della band stessa cela ombre (Hope, Diminished, Parakeet) e luci ("At my most beautiful ", "Why not smile", "Walk unafraid"). Il merito dei R.E.M. è di mostrarle, senza nascondersi dietro a futili illusioni. Cadere per risalire.





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lunedì 14 novembre 2011

R.E.M. - New Adventures in Hi-fi



"New Adventures in Hi-fi" (1996), decimo album dei R.E.M., è un diario di viaggio. Contiene avventure di varia natura, racconti di eccessi, delusioni. Le storie raccontate in note e musica librano nell'aria, nei vari soundcheck in giro per gli Stati Uniti (Athens, Seattle, Los Angeles). Il movimento, il continuo cambiamento è percepibile su disco, qualsiasi luogo sia destinato all'ascolto dell'album si trasforma in macchina del tempo. Non ha importanza dove vi troviate, qualunque coordinata spazio-temporale perde di significato, di fronte a un'opera così fortemente coinvolgente. Appena parte il primo brano, il mondo sembra fermarsi, è solo illusione, una delle tante, narrate dalla voce Stipe, tra ballate malinconiche e brani dal tiro potente, ricordanti a tratti lo stile del precedente "Monster". Il cantato di Stipe ritorna in primo piano, la narrazione è in prima persona e permette all' ascoltatore di identificarsi con i vari protagonisti dei brani: il lebbroso, invitato in una trasmissione televisione e dimenticato in un angolo ("New test Leper"), la rockstar glam  persa nei  vecchi sogni di gloria ("The Wake up- bomb"), Binky, lo zerbino, personaggio ispirato al film "Shakes the Clown" ("Binky the Doormat"). Il concetto fondante dell'album è il viaggio come fuga dalle illusioni e crisi emotive, tale idea è particolarmente evidente in "Leave", "Departure", "So fast, so numb", "Low Desert", ma  questa incertezza di fondo permea tutto il disco. How the west was won and where it got us incarna le false speranze della civilizzazione occidentale, Undertow descrive la disperazione più bieca, E-bow the letter raccoglie un ipotetico flusso epistolario tra due persone, nel brano la voce del destinatario è impersonata dalla poetessa del rock Patti Smith, Bittersweet me e Be mine parlano del nobile del sentimento dell'amore  da due prospettive diverse: la prima fotografa la fine di una passione , la seconda l'assurdità di un innamoramento folle. Ogni emozione è un dubbio, che vaga a suon di note tra deserti sperduti e le luci di Hollywood ("Electrolite"). Un affresco della vita americana post-moderna involontario, ma perfetto nella sua ingenuità. Da riascoltare.




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sabato 12 novembre 2011

R.E.M. - Monster





Con “Automatic for the People” (1992)  i  R.E.M.  raggiungono la maturità. E si sa, quando  con un disco si raggiunge l’apice della creatività  diventa ancora più duro rientrare in studio di registrazione. I R.E.M. non fanno eccezione. Nel periodo post-Automatic Michael Stipe soffre del blocco dello scrittore, il destino incombe infausto sul gruppo: il 31 Ottobre 1993 muore  l’attore River Phoenix (“Belli e Dannati”, “Stand by me”),  carissimo amico di Stipe. A fatica il gruppo incomincia a lavorare ed un nuovo lutto colpisce la band, muore Kurt Cobain (Nirvana) e come se non bastasse per un brevissimo periodo Mike Mills finisce in ospedale. ”Monster” non nasce certo sotto i migliori auspici. Il risultato è un disco fosco, caratterizzato dall’ombra incombente di ossessioni, squilibri, relazioni sentimentali  dalla logica perversa. Le atmosfere criptiche descritte nei testi trovano forma nella musica, in un rock acido, veste nuova per il gruppo. I R.E.M. realizzano il tanto annunciato disco rock, arriva inaspettato sulla scia della moda grunge, ma non è una pallida imitazione di stilemi abusati o stantii, Stipe e compagni non fanno l’occhiolino interessato a certe sonorità, anche se ne sono evidentemente influenzati: non a caso,Thurstoon Moore, leader dei Sonic Youth, partecipa come seconda chitarra in Crush with eyeliner. Per la prima volta nella discografia della band la voce di Stipe passa in secondo piano per lasciare spazio alla chitarra di Buck. A tratti il cantato di Stipe è quasi irriconoscibile, robotico in King of Comedy, in falsetto in Tongue.Le parole sono sovrastate da riverberi sonori, dopo anni Buck si è finalmente deciso a rispolverare l’amplificatore. L’ora suprema è giunta,  il suono di insieme è poco curato, rozzo e asciutto (Crush with eyeliner, Took your name, Circus Envy, King of Comedy), quasi un disco hard rock, chi se lo sarebbe mai aspettato dai R.E.M. Questa nuovo approccio della band  destabilizza i detrattori e sorprende in positivo ed in negativo i fan della prima ora, delude chi si aspettava un nuovo Automatic for the people, incontra i pareri favorevoli di chi desiderava da tempo ascoltare i R.E.M.  in chiave rock. Ma il passato non si scorda facilmente, non si cancellano quattordici anni di carriera in un minuto, ed ecco che compaiono  canzoni in perfetto stile R.E.M. :Strange Currencies, I don’t sleep, I dream. In  conclusione del disco non manca poi una dedica all’amico Cobain, Let me in, un brano struggente, che unisce musica e testo: il muro del suono riproduce metaforicamente quella barriera fisico-mentale in cui si è rinchiuso Cobain. Stipe ha cercato di entrare nell’universo del cantante dei Nirvana, ma non ci è riuscito, Let me in testimonia questo fallimento. Infine una citazione speciale per You, ultimo brano e perfetta sintesi dei nuovi R.E.M., in bilico tra l’armonia vocale di Stipe, unica nella storia del rock, e il forte ridimensionamento del ruolo delle chitarre.

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venerdì 11 novembre 2011

This is pop: Xtc in dieci canzoni

Sfrutto l'occasione propizia, il compleanno di Andy Patridge (membro fondatore degli Xtc) per dedicare un post, e nella fattispecie una playlist agli Xtc, cosa che non avevo ancora fatto. Gli Xtc non hanno bisogno di presentazioni, sono una delle migliori band britanniche degli ultimi trent'anni di musica. Patridge, insieme a Colin Moulding (altro membro fondatore del gruppo) con abilità fuori dai  canoni commerciali, è riuscito ad andare oltre le solite catalogazioni (new wave, post-punk) ed a comporre perfetti brani pop, che non stancano mai.









































giovedì 10 novembre 2011

Beat Happening- Beat Happening



I Beat Happening sono la semplicità fatta musica. Ogni dettaglio è un po' naif ed è giusto che sia così. La band prende forma ad Olympia, Washington nel 1983 da un'idea di Calvin Johnson, fondatore della K records e redattore della fanzine Sub pop (poi nota etichetta discografica indipendente). In un primo momento a Johnson si uniscono Heather Lewis e Laura Carter. Successivamente entra nel gruppo Bret Lunsford in sostituzione della Carter. L'obiettivo è chiaro fin dall'inizio, fare di testa propria,  alla ricerca di una via personale  scanzonata e fuori dagli schemi del music business, all'insegna del "do it yourself". 

Nessun ruolo è predefinito, i componenti si scambiano strumenti e funzioni, e sembrano divertirsi da matti, alla faccia nostra che stiamo ancora discutendo tra mille paranoie mentali la questione annosa e noiosa "tecnicismo o minimalismo". Agli inizi il terzetto frequenta esclusivamente i caffè locali e luoghi universitari, dopo la prima registrazione autoprodotta "Beat Happening" (1984) si trasferisce a Tokyo e registra una seconda produzione "Three Tea Breakfast". 
Nel 1985 arriva il momento del grande passo, esce l'omonimo album di debutto prodotto da uno dei pilastri della scena underground, Greg Sage dei Wipers.
Più che un disco, un manifesto di leggerezza  dell'essere e spensieratezza. Canzoni brevi, tra i due- tre minuti, basate essenzialmente su voce, percussioni e chitarra, mostrano il fascino nascosto di tre accordi. Le capacità intuitive di Johnson scacciano via il fantasma della banalità in un soffio. Il risultato finale prevede nove composizioni (alcune solo voce e percussioni come "In love with you thing"), poesie pop della genuinità e del divertimento. La forza della band è racchiusa nella differenza tra semplicità e semplicismo. L'immediatezza di una sensazione è nell'abilità della sintesi, tre parole, una voce e una melodia coinvolgente. E avrete "il sorprendente  esordio dei Beat Happening".






Links:
Beat Happening con Bonus tracks

domenica 6 novembre 2011

Le canzoni smarrite pt.2 : Domenico Modugno - Questa è la facciata B


"Questa è la facciata B", come si evince dal titolo è il lato B del singolo "Come Stai"(presentato alla ventunesima edizione del Festival di Sanremo nel Febbraio 1971). Per i fan, ma in particolare per i non fan il brano si dimostra una piacevole sorpresa. Un Modugno inedito, sperimentatore ed ironico, si cimenta in un inframezzo strumentale, quasi un divertissement con i musicisti della sua band. Una provocazione dal tono scherzoso, Modugno gioca sul destino infausto dei lati b, spesso oscurati dal successo del lato A. L'urlatore più famoso d'Italia si diverte a canzonare i suoi ascoltatori. L'intento dell'esperimento risulta chiaro nelle poche, ma calzanti parole pronunciate da Modugno durante il brano: "Dunque ragazzi, dato che voi la facciata B del disco di Sanremo non l'ascoltate, io la canzone non l'ho fatta [...]Che resti  fra noi ragazzi, ma questa è la facciata B". Fino a qualche ora fa non la conoscevo, ma "Questa è la facciata B" entra prepotentemente, subito dopo "Vecchio Frack"  tra i miei brani preferiti di Modugno. Mi ha lasciato di sasso, e cosa ben più importante mi ha strappato un sorriso.


martedì 1 novembre 2011

French touch: Air- Moon Safari

Piccola premessa: mi scuso con i lettori per l'eliminazione del post su "Moon safari" (causa violazione di copyright). Per fortuna l'avevo salvato nel mio pc e lo riposto per chi se lo fosse perso.








Artista : Air
Titolo : Moon Safari
Genere :Downtempo, Ambient Pop, French pop
Anno :1998

Nel 1998 due generi musicali  bisastrati come l'elettronica e il pop ritrovano il massimo splendore grazie a due musicisti francesi, Nicolas Godin e Jean-Benoît Dunckel, meglio conosciuti con l'acronimo AIR (Amour, Imagination, Rêve), in ricordo del grande architetto svizzero Le Corbusier, omaggiato con il singolo d'esordio "Modulor Mix" (1995).



La passione del duo per Le Corbusier è presto spiegata, Nicolas Godin è laureato in architettura e profondo ammiratore delle opere urbanistiche di Le Corbusier. La perfezione spaziale incontra poi il razionalismo dei numeri: sulla via di Godin capita, quasi per caso, Jean-Benoît Dunckel, professore di matematica, ex-studente di musica classica al Conservatorio di Parigi e musicista nella band indie-pop Orange nel tempo libero.Il dj Alex Gopher, membro degli Orange, introduce Godin nella line-up del gruppo, poco dopo Gopher abbandona il progetto, Godin e Dunckel continuano e nel 1995 diventano gli AIR.Tra il 1995 e il 1997 escono i primi singoli, "Modulor Mix", "Casanova 70", "Le Soleil est près de moi" e nel 1998 viene pubblicato l'album di debutto "Moon Safari", disco destinato a cambiare il futuro della musica.Le terribili tastierine pop anni ottanta sono solo un brutto ricordo, Godin e Dunckel ritornano al vecchio e caro suono analogico, niente campionamenti, solo l'immenso piacere di suonare e catturare l'armonia dell'attimo.Nel disco coesistono anime diverse, la sinteticità emozionale dei Kraftwerk, l'attitudine classicista negli arrangiamenti, il gusto per le melodie pop, riunite però sotto un minimo comune denominatore l'istantaneità, che non ha niente cui spartire la spontaneità.Le atmosfere sonore percorse dagli AIR sono frutto della ricerca e della sperimentazione, prive di una qualsivoglia superficialità.Godin e Dunckel fotografano l'istante immaginario, il punto ideale del piacere, ne vengono assorti  e catturati dimenticando luogo e tempo come piccoli pesci in un acquario. "Quando sei nel liquido amniotico non hai nessuna consapevolezza del tempo, nè di dove sei.È così quando componiamo in studio" ha affermato lo stesso Dunckel.Gli echi sulfurei di vocoder, le vibrazioni radiose del Moog e Wurlitzer si elevano come nebbia nell'aria, ad sublimare eleganti armonie da mille una notte, un sogno, tra le stelle e la luna, accende il fuoco ardente della scoperta per un mondo nuovo, che ci era sfuggito, anche se era sotto i nostri occhi, come la bellezza della Luna che ogni sera  sorge in cielo.