E' notizia di questi giorni che del cartone demenziale per bambini "Aqua teen hunger force" verrà realizzata una versione per un pubblico adulto, chiamata"Aqua unit patrol squad one".In occasione di questo cambiamento la produzione ha deciso di registrare una nuova sigla. Non sentirete più le rime rap di Schooly D, ma il rock'n'roll di Josh Homme.Eheh.Finiremo per ritrovarci Josh Homme in coppia con la malefica confezione rossa di patatine fritte barbuta Frylock o del frullato sadico Master Shake che se la prende sempre con la tenera pallina rosa di carne multiforme, Meatwad.
Il nostro futuro eroe del cibo, Josh Homme, tra la partecipazione alla serie televisiva "No reservations" e la collaborazione all'album degli Arctic Monkeys in uscita il 6 Giugno, ha trovato il tempo per cantare e schitarrare con il suo compagno lavorativo di lunga data Alain Johannesnella nuova sigla del cartone, ecco il risultato:
Sul finire degli anni settanta i Sex pistols urlavano "God save the Queen".Io oggi canterei a squarcia gola "God save Morrisey".Ancora una volta Moz ha mostrato la sua lingua tagliente, senza sconti per nessuno, nemmeno per la famiglia reale.Stamattina Moz, intervistato ai microfoni di BBC 5live, ha dichiarato che venerdì non ha la minima intenzione di guardare in tv il matrimonio di William e Kate, atteso da due miliardi di persone, o meglio dalle riviste scandalistiche e dai giornalisti perditempo.Incalzato dall'intervistatore, Morrissey afferma: "Perchè dovrei vedere il matrimonio?Perchè dovrei vederlo? e poi continua sulla royal family:"Non li posso prendere seriamente.Non penso che adesso la famiglia reale parli a nome dell'Inghilterra e non penso che l'Inghilterra abbia bisogno di loro.Credo fermamente che siano solo degli scrocconi di benefici e nient'altro. Credo che non abbiano uno scopo di nessun genere".Se non bastasse, Morrissey successivamente ha rincarato la dose"I repoter giornalistici da Buckingam Palace ti dicono che la gente li ama, ma vai fuori, in strada a parlare con le persone e ti rideranno in faccia.Lo faranno veramente". Beh, che dire, Morrissey ha colpito nel segno.Forza Morrissey, continua così!
Oggi ci ha lasciato Poly Styrene, l'irriverente voce femminile della punk-rock band X-Ray Spex, attiva tra il 1976 e il 1979. Non amava definirsi un'artista, preferiva descriversi come un'osservatrice, che giocava con la realtà e la prendeva in giro con giochi di parole.Ed è così che la voglio ricordare.Addio cattiva ragazza. http://www.guardian.co.uk/music/2011/apr/26/poly-styrene-dies-aged-53
Identity
Identity
Is the crisis Can't you see Identity identity When you look in the mirror Do you see yourself Do you see yourself On the t.v. screen Do you see yourself In the magazine When you see yourself Does it make you scream
I Balordi, misconosciuta beat band milanese anni sessanta, hanno collaborato con uno dei più importanti protagonisti pop della musica italiana, Lucio Battisti. Strano ma vero, una piccolo complesso (come venivano chiamati i gruppi musicali negli anni sessanta), dimenticato da tutti, ha inciso un brano firmato Mogol-Battisti. Ripercorriamo gli eventi. Nel Dicembre 1967 i Balordi con alle spalle tre 45 giri e numerose partecipazioni in televisione, festival, concorsi(Festivalbar, Oscar della Canzone, Festival di Napoli, Tour degli Animals), cercano di sfondare le classifiche con una hit single. Luciano Giacotto suggerisce ai Balordi di registrare un brano con Lucio Battisti, giovane esordiente, ancora sconosciuto come cantante, ma già scrittore di canzoni di successo, interpretate da altri artisti, per citarne alcune : “ Uno in più” di Riki Maiocchi, “Per una lira” dei Ribelli, “29 Settembre” degli Equipe 84. Il gruppo, al banco di prova, si ritrova a scegliere tra due tracce “Aspettando domani” e “Non è Francesca”, testi scritti da Mogol e musica diBattisti. Alla fine la prescelta è “Non è Francesca”, più per caso che per un motivo ben preciso. Lucio Battisti e Balordi si ritrovano in sala di incisione, si respira un'atmosfera eccitante. Battisti suona il basso ed arrangia il brano insieme ai Balordi.Tutto sembra andare nel verso giusto. Peccato che la casa discografica dei Balordi, la Durium, distribuisca il singolo in poche copie, decretando volente o nolente l'insuccesso di "Non è Francesca". Nel 1968 Lucio Battisti ritorna in studio, interpretando il brano in modo diverso. Il 31 gennaio 1969 "Non è Francesca" esce come lato b del 45 giri "Un'avventura/Non è Francesca"(Dischi Ricordi), ed è inserita poi nel primo album omonimo di Battisti, rilasciato il 5 Marzo 1969. Non c'è bisogno di dirlo, la canzone è un successo, risultando il 70° singolo più venduto del 1969.
Versione dei Balordi:
Testimonianza di Gion(voce, chitarra basso dei Balordi) tratta dal sito ufficiale dei Balordi :
"L'incontro con Lucio Battisti si svolse in modo semplice. Ricordo Battisti sorridente e cordiale. Probabilmente era contento che gli incidessimo una canzone: fu molto alla mano, anche in sala di incisione...Durante la registrazione lo stato d'animo era una sorta di eccitazione produttiva. Eravamo tutti molto concentrati, alla ricerca delle soluzioni musicali più efficaci, ma al tempo stesso lavoravamo rilassati.Procedevamo liberamente e costruivamo l'arrangiamento man mano, improvvisando e provando...e quando riascoltammo il risultato, pensammo di aver fatto un buon lavoro.Nell'aprile del 1998 (Battisti era vivo), conobbi Luciano Ceri, autore di "Lucio Battisti - Pensieri e parole - Una discografia commentata". Curiosamente non aveva mai incontrato Battisti di persona e mi chiese se effettivamente fosse scontroso di carattere.Mi chiese anche perché incidemmoNon è Francescain modo così diverso dalla versione dell'autore. Aveva scritto che non riuscimmo a far risplendere la piccola pietra preziosa che ci era capitata per le mani, arrangiandoNon è Francescacon un'eccessiva presenza di basso, batteria e chitarra elettrica...Per quanto riguardava il basso, ero tranquillo:Non è Francescaè l'unico nostro disco in cui non suono il basso. Lo suona Battisti. Ma fu tutta la canzone a essere stata incisa da noi e da lui, insieme.Se fosse stato scontento era nella condizione di modificare la nostra interpretazione in ogni momento. Era in sala d'incisione con noi e l'arrangiamento lo facemmo con lui (o lui con noi)...e così anche la registrazione. Battisti lavorava alla nostra versione diNon è Francescaproprio perché saremmo stati noi a uscire col disco e a lanciarla (era successo per altre sue canzoni con altri cantanti).Non è Francescasarebbe stata dei Balordi, non di Lucio Battisti.Così comeUno in piùfu di Riki Maiocchi e29 settembredell'Equipe 84...Purtroppo del nostro disco furono stampate solo le prime copie...Dopo un anno Battisti riportòNon è Francescain sala d'incisione, interpretandola personalmente in modo diverso. Sarebbe stato inconcepibile il contrario. Aveva una fervida fantasia musicale, era in un periodo di massima creatività (in quegli anni scrisse gli innumerevoli successi che costruirono il suo mito)...forse, molto semplicementeNon è Francesca,così come l'incise... l'avràsentita più sua. Così come un anno primasentì più nostrala versione che realizzammo insieme.Ceri aveva scritto anche che la nostra versione passò praticamente inosservata e che le ragioni del flop erano da ricercare nello scarso seguito di cui godevamo.Più recentemente c'è chi ha scritto che la nostra versione fu balorda, come il nome, liquidando così un'incisione che forse non ha mai sentito (il fatto che il nostro disco non abbia avuto successo probabilmente basta a giustificarne la stroncatura)...Ma fu davvero un flop?Ricostruendo la nostra storia, (conservati da Beppe) ho ritrovato e scoperto molti articoli sui Balordi.La stampa si occupò sempre di noi ogni volta che uscì un nostro disco; la Durium ci sosteneva con pagine di pubblicità...DiNon è Francesca...Nulla. Ci sono articoli anche della successiva formazione dei Balordi, passati alla Carosello, ma diNon è Francescanon c'è un solo accenno.I Balordi si sciolsero quando io partii per il servizio militare. La Durium sostanzialmente non distribuì il disco.L'operazioneNon è Francescafu un flop, ancor più lo fu il mio anno in caserma... ma il disco?Non gli fu concessa in realtà la possibilità di verificarlo. "
Versione di Lucio Battisti:
Interprete: Lucio Battisti
Etichetta: RICORDI
Catalogo: SRL 10529
Data di pubblicazione: 31 Gennaio 1969
Supporto:vinile 45 giri
Tipo audio: Mono
Facciate: 2
Nota presente nel booklet del disco:" Era vestita di rosso, lo so... .Non è Francesca affronta come "29 settembre", il tema del tradimento, ma dal punto di vista opposto. Qui musica e parole bene esprimono l'affannoso alternarsi di pietose illusioni e di brevi, amari sprazzi di lucida certezza"
Anno 2011, l’emo è una moda, stile di vestire per tredicenni bimbominkia.Fine anni 80 l’emo è un sottogenere del post-hardcore. Washington, DC, 1980, Ian Mackaye( ex Teen Idles e Minor Threat) dà nuovi natali all’hardcore punk americano, fino ad allora sviluppatosi nella costa sud californiana(Black Flag, Circle Jerks).Crea la Dischord records,etichetta discografica indipendente hardcore punk all’insegna del Do it yourself, grazie alla quale importa l’hardcore a Washington.Il disegno musicale di Mackaye è ben più ampio, prevede lo stravolgimento di ciò che è hardcore-punk. Si comincia con gli Embrace(band pre-Fugazi di Mackaye) e con i gruppi della Dischord (Gray Matter, Marginal man, Scream, Rites of spring).Proprio quest’ultima band rappresenta il fulcro focale del post-hardcore/emo-core, non a caso nel 1987 Guy Picciotto e Brendan Candy, rispettivamente cantante-chitarrista e batterista dei Rites of spring, entrano nei Fugazi di Mackaye.Ma non corriamo troppo, nel 1985 esce il disco d’esordio dei Rites of spring.Il nichilismo hardcore lascia spazio all’introspezione indie. Approccio agli strumenti , punk. Ritmo veloce, supersonico, che richiama sonorità metal. Difficile distinguere i battiti sui piatti. Per non parlare delle chitarre, scariche diluvianti di riff rock’n’roll da post-new wave.Provate a immaginare i Killing joke alla prese con una canzone dei Dead Kennedys e avrete i Rites of spring, ragazzi ventenni vestiti come Talking Heads,Wall of voodoo, con uno spirito rock dannatamente estremo, che si scatena in intense performance sul palco. L’intro del disco di debutto è Spring,un fulmine di adrenalina adolescenziale, da cui emerge con forza la voce dirompente di Picciotto. Deeper than inside e For want of colpiscono nel profondo”I’m going down, going down”. P. con fare straziante si denuda con brutalità. Il presente ritorna al passato.”I woke up this morning with a piece of past caught in my throat”.Cominciano i dubbi, le domande esistenziali ”I’m not who I thought I was”(Hain’s point). La batteria imperterrita come un mantra scandisce i secondi, i minuti, le ore, i giorni. Non c’è tempo per offuscarsi le meningi in pensieri. All there is racchiude giustappunto nelle urla claudicanti di Picciotto l’insicurezza, la fragilità delle emozioni insite in ognuno di noi. “Is more than love and it’s less than love”. Drink deep invece è più di una semplice canzone, è un inno a vivere come se dovessimo morire domani e pensare come se fossimo immortali“It’s just a taste, and it might not come this way again”. Attimi di rapida cognizione del proprio io(Other way round) uniti a momenti di disperazione nera(Theme-If I started crying) che sfociano in brucianti pause di riflessione allo specchio. Lo stereo acceso. Risveglia i nostri sensi a suon di disturbanti follie chitarristiche. (By design,Remainder,Persistent vision,Nudes,End on end).
Nel 2006 U2 e Green Day uniscono le forze per registrare "The Saints are coming" sotto la supervisione alla produzione di Rick Rubin, detto anche "mani d'oro".La collaborazione tra i "vecchietti" del rock internazionale e gli idoli "punk" delle ragazzine è stata pensata come un'azione di solidarietà verso la popolazione di New Orleans, colpita dall'uragano Katrina.Un bel gesto non c'è che dire.Se non fosse che Bono Vox, come al suo solito, deve per forza sbandierare ai quattro venti le sue azioni da buon sammaritano.Non ti preoccupare Bono, prima o poi ti daranno il premio nobel per la pace. E poi l'aggravante del caso è aver stravolto un classico del punk rock scozzese "The Saints are coming". Dico io, gli U2 con il loro repertorio immenso,non potevano scegliere un loro brano.Nessun rancore personale contro gli U2, che personalmente apprezzo anche( fino ad Achtung Baby).Ma certe volte bisognerebbe capire i propri limiti e ritirarsi a fare i bravi nonnetti.Consoliamoci, ascoltandoci la versione originale, estratta da "Scared to dance"(1979), album di debutto degli Skids.
Gli Skids in quattro date:
La band si forma a Dunfermline, Fife, Scozia nel 1977 in pieno punk .La line-up iniziale comprende alla voce Richard Jobson, alla chitarra Stuart Adamson, alla batteria Thomas Kellichan, al basso William Simpson.Il 19 Agosto 1977 vengono ingaggiati per il primo concerto.Grazie all' estenuante attività live nel giro di sei mesi riescono a emergere e a incidere l'ep "Charles" sulla No Bad Record di Sandy Muir.Notati dall'orecchio volpino di John Peel, dj della BBC Radio 1, fanno da band supporto ai giganti del punk Clash in alcune date locali.Nell'Aprile 1978 vengono messi sotto contratto dalla Virgin Records e realizzano il disco d'esordio "Scared to dance", rilasciato nel Febbraio 1979, contenente la hit single "Into the valley"(Top ten Uk Chart).Il successo continua con canzoni come "Masquerade","Working for the yankee dollar", estratte dal seconda fatica discografica del gruppo "Days in Europa"(Ottobre 1979),una sorta di concept album sugli orrori della prima e seconda guerra mondiale.Nel Febbraio 1980 William Simpson, membro fondatore, lascia il gruppo, viene sostituito da Russell Webb.Nel Ottobre dello stesso annoesce "The Absolute Game".La formazione subisce continui cambiamenti, dopo Simpson, anche Adamson dice addio all'avventura Skids.Nel Dicembre 1981 viene pubblicato l'epitaffio musicale del gruppo "Joy".
Artista:Autolux Titolo:Future Perfect Anno:2004 Genere: Noise pop, Shoegaze(?), Dream pop
Tracklist: 1.Turnstile Blues 2.Angry Candy 3.Subzero Fun 4.Sugarless 5.Blanket 6.Great days for the passenger element 7.Robots in garden 8.Here Comes Everybody 9.Asleep at the trigger 10.Plantlife
Pensare di aver sentito tutto e capire di sbagliarsi di grosso. E’ successo nel 2004 con “Future Perfect”, l’esordio su disco degli Autolux. Una piacevole sorpresa sotto il sole della California. Hard-core punk?Surf-rock?Indie fighetto?. Niente di simile. Al diavolo le etichette. Provate pure a definire le coordinate del suono del trio californiano, ma sarà solo una perdita tempo. Per dire, gli Autolux potrebbero essere infilati nel calderone dello Shoegaze, ma quanto sarebbe limitativo e limitante. Nei dieci brani dell’album,in superficie si intravedono richiami a My bloody valentine(Sugarless,Plantlife,Here comes everybody), Jesus and Mary Chain(l’intro di Blanket), nel profondo scorrono tracce di noise rock con accenni a Sonic youth, Blonde Redhead(Angry Candy).Momenti onirici (Subzero fun), alternati a distorsioni sporche, deraglianti(Robots in garden). La soffice luce lunare abbagliata dalle nuvole. Un sogno interrotto dalla realtà. Il duro risveglio mattutino, il senso di smarrimento che ti assale. Sospiri, parole non dette. Labirinti di feedbacks che non ti lasciano respirare. Ma solo per qualche attimo. Spazi di distensione , tra dolore e piacere, varcano le soglie del giardino dei segreti, culla di desideri nascosti. Nessuna via di scampo , come pere marcie cadiamo nelle braccia di Morfeo, stregati da canzoni che suonano come favole, intonate dall’usignolo sull’albero, (Asleep at the trigger), sulle note di ninna nanne psichedeliche raccontate dal folletto fuggito dal magico mondo di Syd barrett( Great days for the passenger element). Chiudere gli occhi e desiderare quello che non c’è. Andare in ufficio, ritrovarsi al Lunapark , sulle montagne russe ad urlare di gioia. Con l’immaginazione si può.
Troppo spesso quando si parla di punk, si fa riferimento quasi sempre alle solite tre band(ad occhio, sex pistols, the clash e ramones), dimenticandosi l’infinità di gruppi minori, che pur non essendo riusciti a cavalcare l’onda della notorietà, hanno contribuito non poco alla creazione e sviluppo del sound punk. E’ il caso dei Debris’. Lo so, la maggior parte di voi reagirà come quando si appresta con curiosità a guardare la copertina di Visto e trova nomi di perfetti sconosciuti. Partirà spontanea la domanda”Chi????????”. Meglio subito fare chiarezza. I Debris’ sono una band di Chishaka, Oklahoma. Dimenticati dai più, hanno influenzato gruppi come Nurse with wound, Sonic Youth, The Flaming Lips.Nel 1976 pubblicano il loro primo e unico album “Static Desposal”. Pietra miliare del proto-punk. Il disco, registrato il 10 e il 16 Dicembre 1975 ai Benson Sound studios, a Oklahoma city, è un quadro dadaista(Ma esistono i quadri dadaisti?). Per la prima volta o quasi si cerca di non rimanere intrappolati nei canoni compositivi triti e ritriti. Missione compiuta. “One way spit” è un canto disperato per tutti gli “hopeless”.Voce sgraziata, chitarre sgangherate. Schegge di pazzia in orbita. Delirio assicurato. Don’t try this at home! Potrebbe esservi letale. Rumori indescrivibili, navicelle spaziali, motoseghe o sintonizzazione di radio frequenze(?). Uomini finiti sul pianeta delle scimmie. Uno scimpanzé prende la parola o mi sbaglio?(“Tricia”). Stiamo regredendo a una forma primitiva. Sì, proprio così. Ci spogliamo degli accessori ingombranti. Quanti oggetti inutili popolano la quotidianità?E’ ora di liberarci!It’s only rock’n’roll, but I like it. La forma-canzone classica ha i minuti contati. Sperimentazione, improvvisazione, sono i nuovi protagonisti. Dissonanze, ripetizioni, stop e go, suoni fuori campo. A tratti riviviamo l’irruenza garage degli Stooges(“New smooth lunch”,”Leisurely waiting”), la psichedelia punk futuribile dei Pop group, la lucida follia del Capitano cuor di manzo(“Witness”,”Female tracks”). Assistiamo divertiti a quello che potrebbe essere benissimo un Brian Ferry ubriaco che canta allegramente ”Love is the drug” accompagnato da malinconici accenni di Sax (“Tell me”,”Boyfriend”,”Manhattan”, ”Blue girls”). Nessuna via, nemmeno la più nascosta, è preclusa. La destinazione è certa, il mattatoio vi aspetta. Prendete il volo (“Flight taken”). Free your mind!
Certe copertine passano alla storia, altre no. La cover del 45 giri dei Cortinas “Defiant Pose/Indipendence” non se la ricorda nessuno, o meglio è già tanto se qualcuno si ricorda dei Cortinas, punk band di Bristol , in attività tra il 1976 e il 1978. Durante la loro breva carriera suonano al Roxy Club come band supporto degli Stranglers, incidono due 45 giri per la Step Forward niente male, ma il disco di esordio “True Romances” per la Cbs si rivela al di sotto delle aspettative.Un incrocio mal riuscito tra punk e pop orecchiabile, anche se c’ è da dire che qualche chicca prelibata non manca(“I’ll keep my distance”,”Further Education”). Non abbastanza per decidere di andare avanti, il gruppo si scioglie. Ma poco importa. Sono entrati nei ricordi dei punk rockers. Come si fa a dimenticare l’immagine di copertina del 45 giri di “Defiant pose/Indipendence”? Qualcuno me lo deve dire. Dubito che troverò risposta. La cover dell’lp descrive più di mille parole, canzoni, poesie, libri il disagio, l’irrequietezza giovanile. Senza filtri lo spettatore si ritrova davanti la figura dura e cruda di un ragazzo che vomita la colazione o il pranzo mentre i genitori molto fighties style sono voltati. Penserete che ho scoperto l’acqua calda, ma non è così. Date una sbirciatina con i vostri occhioni.
Guardarsi allo specchio e ritrovarsi con i capelli stralunati di Robert Smith. Stamattina è successo, dopo una notte di lotta con il cuscino. Mi sono venute in mente le idee più strane. Della serie”Perché non fare un post di omonimia musicale?”.Ci ho riflettuto attentamente, per poi rispondermi”Perché no. Potrebbe essere interessante.” Il primo esempio uscito dalla mia testolina è “No love lost”. Gli amanti della new wave penseranno ai Joy division, i metallari più incalliti ai Carcass, gli appassionati del synth-funk-pop ai Polyrock. Gruppi diversi , canzoni differenti, stesso titolo. Ohibò,le strane coincidenze della vita.Godetevi questa selezione.
Titolo: Weezer (Blue album) Genere: Power pop Anno:1994 Tracklist: 1.My name is Jonas 2.No one else 3.The world has turned and left me here 4.Buddy Holly 5.Undone-The sweater song 6.Surf wax America 7.Say it ain’t so 8.In the garage 9.Holiday 10.Only in dreams
Chitarra nell’angolo, poster di gruppi metal attaccati alla porta, fila di fumetti della Marvel sul comodino. Così mi immagino la cameretta del giovane Rivers Cuomo. Le giornate passano a leggere X-men, guardare la sit-com preferita, suonare nel garage di casa. Strumenti sparsi sul pavimento, divertimento a non finire. Ridendo e scherzando, dopo numerose registrazioni home-made soliste, Cuomo sperimenta per la prima volta l’idea di band, forma nel 1989 un gruppo progressive metal, gli Avant Garde(poi Zoom).Il gruppo dura il battito di un occhio, si scioglie nella primavera del 1990 dopo una serie di concerti nel Connecticut, ma Cuomo non si perde d’animo. Nel Febbraio 1992 dà vita a un nuovo progetto, i Weezer. E’ la volta buona. Cuomo & Company vengono messi sotto contratto dalla DGC (succursale della Geffen) nel Giugno 1993. Il 10 maggio 1994 esce il disco di debutto Weezer prodotto da Ric Ocasek( leader della band eighties Cars) e denominato “Blue album” per il colore blu della copertina. Dieci tracce di guitar pop melodico. Un raggio di sole nella cupezza grunge. La freschezza di un bicchiere di limonata in un caldo pomeriggio di Agosto. La scuola è finita. Un gruppo di amici si ritrova in occasione di una festicciola a provare nello scantinato. La testa si perde tra echi di Pixies (Undone- The sweater song) e i poster dei Kiss tappezzati sulla parete “on the wall,My favorite rock group, Kiss. I’ve got Ace Frehley. I’ve got Peter Criss.”(In the garage).Il garage è una terra lontana dove nessuno ci può sentire.” Let's go away for a while.You and I to a strange and distant land.”(Holiday).Bagagli all’aria trascinati dal vento. A pochi chilometri il mare ci aspetta, manca solo la tavola da surf”The sea is foamin’ like a bottle of beer,The wave is comin’, but I ain’t got not fear”(Surf wax America).Al tramonto, inizia il concerto in spiaggia. Cuomo suona, non perde di vista la ragazza dei suoi sogni. Fantastica, immagina la sua dolce metà tutta per sé(No one else, The word has turned and left me here, Only in dreams). Lei è Mary Tyler Moore, lui è Buddy Holly, al diavolo cosa pensano le altre persone. Per un giorno si può fingere di essere finiti in Happy days, all’alba torna tutto come prima. La solita routine stressante del college.
” Woo-ee-oo, I look just like Buddy Holly. Oh-oh, and you’re Mary Tyler Moore. I don't care what they say about us anyway.”(Buddy Holly).
Avete presente quando una canzone non si schioda dalla testa? Vi addormentate con un motivetto in testa e la mattina seguente vi ritrovate inaspettatamente a cantarlo senza motivo sotto la doccia.Ultimamente mi sta succedendo spesso, cavoli.Non riesco a togliermi dalla mente "Why worry " dei Forty Winks.Se continuo di questo passo, mi ritroverò su un autobus vuoto direzione deposito a cantare in solitaria.
Le mode passano, la voglia di revival anni 80, no. Con buona pace dei detrattori, a cui toccherà comprarsi una confezione di cortisone per l'allergia ai sintetizzatori. Il synth-pop ,ritornato in voga grazie a britannici Hurts, impazza in tutto il mondo. Anche gli svedesi, dediti in tempi lontani a sonorità garage-rock ,hc punk e pop punk( The Hives, Refused, Millencolin), sfornano album nella miglior tradizione eighties. E' il caso dei Gentle touch, trio svedese cresciuto a pane e elettronica . Nel 2008 è uscito il loro disco di debutto "In memory of Savannah", tra loops, melodie synth , tastierine pop e batterie elettroniche aleggia il fantasma dei primi Depeche Mode("Speak and Spell).Tutto ciò potrebbe lasciare l'amaro in bocca a chi non sopporta le giovani band che cavalcano l'onda del revival. Anche se nel caso del gruppo svedese viene fatto con stile e charme non indifferenti.Sento che qualcuno mi tira la giacchetta, come al solito, ritorna incombente la domanda "Perchè ascoltare le copie, quando ci sono gli originali ?".Fondamentalmente perchè è bello cambiare, non rimanendo per forza con fare nostalgico ancorati al passato. Se una nuova proposta musicale non è di nostro gradimento, si può sempre tornare indietro e riascoltarsi i classici senza tempo.
E' una triste giornata di Aprile.Il sole non si fa vedere nemmeno a pagarlo.Probabilmente per consolarvi, siete alla ricerca di qualche bella notiziona succulenta.Della serie "Bill Berry ritorna con i R.E.M. per un imperdibile concerto al Wembley Stadium di Londra", oppure "Justin Bieber ha deciso di abbandonare il mondo della musica, ammesso che l'abbia mai calcato". Ahimè, a malincuore non ho da comunicarvi nessun evento eccezionale per cui dar di matto e strapparsi i capelli.Scrivo semplicemente per riferirvi il vincitore del sondaggio di marzo/ aprile "Album del mese ?". Via al consueto rullo di tamburi, the winner is...Paolo Benvegnù- Hermann.
Vittoria con una maggioranza risicata(circa il 27% dei voti), ma pur sempre vittoria . Non c'è stato niente da fare per gli altri pretendenti in gara, neppur per Pj Harvey, Radiohead e James Blake , classificatisi secondi con il 16 % dei voti.Più sfortunati sono stati Low anthem, The Strokes e The pains of being pure heart, Gil Scott-heron & Jamie xx, che poveracci hanno ottenuto un misero 5%. A quest'ultimi, in ricordo dei bei tempi andati, mi sento di dare il premio di consolazione: un pacchetto di caramelline alla frutta per rendere meno amara la sconfitta.Ma ora un giusto omaggio video al vincitore Benvegnù:
"Avanzate, ascoltate" live all'Hiroshima Mon Amour di Torino
"Johnnie and Jane" live al Circolo degli artisti di Roma
"Achab in New York" live in acustico alla Fnac di Milano
Quando ho voglia di ascoltare un po’ di punk duro e puro. Le opzioni sono due : estrarre a caso un disco dalla discografia dei Dead Kennedys o rispolverare “Hear nothing see nothing say nothing”(1982), secondo album dei Discharge. Quasi sempre la scelta cade su quest’ultimo. Pietra miliare della storia della musica, come il buon vino, più invecchia e più è buona. Non si ha la sensazione di avere tra le mani un cd(o vinile), ma una bomba pronta ad esplodere. Ritmi serrati e liriche rabbiose evocano immaginari surreal-apocalittici non molto lontani dal film V is for Vendetta. Il silenzio si rompe, le pedine usa e getta della scacchiera cominciano a muoversi (“A giant game of chess they play/With you and I as disposable pieces”, Drunk with power). Strade deserte di colpo si popolano. Inizia lo scacco matto al potere(“I won’t subscribe to the system/the hands that tighten around my throat”, I won’t subscribe). Folle oceaniche di persone in protesta(Protest ad survive) colorano di rosso speranza le vie della città . Il traffico si ferma, la televisione continua a trasmettere Beautiful(Hear nothing see nothing say nothing,). Lo scontro tra manifestanti e forza pubblica continua(The nightmare continues), fiumi di sangue scorrono(The blood runs red). Solo quando dalla finestra di una casa si alza un gemito di un neonato (“ In agony they cry and scream/and children and children”,Q:And children A:And children), l’inferno subisce un arresto momentaneo. La macchina della guerra ha subito un grave affronto, incomincia la sfida di chi non tollera la violenza, la distruzione di una vita innocente. Non ci rimane che urlare come ossessi”Free speech for the dumb/ free speech for the dumb”, prima o poi qualcuno ci sentirà.
Genere:Lounge, Jazz, Easy listening, Space age pop
Anno:1958
Tracklist:
1.Shooting Star
2.Moonscape
3.Mr. Robot
4.The City
5.A Distant Star
6.The Commuter
7.Winds of Sirius
8.The Other Side of the Moon
9.Somewhere in Space
10.Earth Light
11.The Lady Is Blue
12.Saturday Night on Saturn
Les baxter, cantante e compositore statunitense, in “Space escapade”(1958) dirige l’orchestra della Capitol, riuscendo nell’ardua impresa di suonare orecchiabile, ma non banale. Tra musica classica, pop e jazz. Un disco che sarà la colonna sonora delle vostre serate di relax. Non potete viaggiare causa impegni lavorativi, non preoccupatevi. Basta poco per volare con la fantasia: accendere lo stereo o alzare la puntina del giradischi. E voilà, il gioco è fatto. Benvenuti nello Spazio. La dolce vita è su un’astronave. Astronauti e splendide autoctone brindano con calici di pozioni magiche all’elisir di lunga vita. Una scappatella nello spazio cosa volete che sia, tra stelle, aliene di blu vestite(The lady is blue), robot (Mr robot) e notte al chiarore di Saturno(Saturday night on Saturn). Manca solo di sentire la voce della seducente Sylvia chiamare “Marcello, come here!”. Chissà Nino Rota è stato rapito da qualche mostro scappato da qualche film di fantascienza anni 50 e per un giorno via Vittorio Veneto è stata invasa da simpatici esserini extraterrestri che hanno messo a soqquadro Roma(The city). Anche gli alieni hanno diritto alle loro vacanze romane, lontani per un attimo dalla propria stella (A distant star). Scorrazzano tra la fontana di Trevi, il Colosseo , piazza di Spagna, villa Borghese e si affacciano alla terrazza del Pincio. Al calar della Luna( Moonscape) la navicella spaziale scompare. La sveglia suona, nel tentativo di spegnerla, cado dal letto. Mi affaccio alla finestra, il solo splende alto nel cielo. Dannazione, era solo un sogno. Scoppio a ridere e ritorno al calduccio, tra le coperte. Sono le quattro di mattina, è presto per smettere di sognare.