martedì 25 dicembre 2012
It's the end of the year.. and I feel fine
L'anno volge al termine, è tempo di classifiche, ecco a voi il meglio o il peggio del 2012 nel mio articolo per Kalporz qui
venerdì 7 dicembre 2012
Clinic - Free Reign
Il 12 Novembre è uscito "Free Reign", settimo album dei Clinic, formazione di Liverpool, fuori da ogni schema. Ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, si riconfermano nella loro follia intrinseca, non stupiscono più, sono ormai una piacevole realtà dei nostri sogni/ incubi sonori, a seconda dei gusti . Il disco parte piano e cresce con gli ascolti. Nello spazio sottostante è possibile ascoltare un estratto dell'album e prima, durante o dopo l'ascolto leggetevi la mia recensione per Kalporz, qui .
venerdì 16 novembre 2012
Mudhoney...when in Berlin
I Mudhoney, storica band della scena di Seattle, negli ultimi tempi è più viva che mai, ben due son le iniziative interessanti che la riguardano. La prima è la pubblicazione in DVD del primo live tedesco ed europeo del gruppo, girato nell'Agosto del 1988 a Berlino. La seconda è l'uscita del film documentario "I'm now : The story of mudhoney", acquistabile sul sito mudhoneymovie.com . Se non bastasse, Mark Arm, leader del gruppo, ha recentemente dichiarato al sito Consequence of Sound l'uscita del nuovo album nel 2013 :"Abbiamo finito di mixarlo la scorsa settimana, ma non ci
sono ancora date certe, perchè tutto dipende dalla masterizzazione. Una volta
che la consegneremo alla Sub Pop avremo una data di pubblicazione ".
Qui la mia recensione del DVD per Kalporz.
Un assaggio del live:
Scene eliminate da "I'm now :The story of mudhoney":
sabato 27 ottobre 2012
Crime & City Solution are back !
Dall'oblio degli anni ottanta riemergono i Crime & City solution. A sorpresa, Simon Bonney, mente della band, riporta alla luce il progetto per un tour, ma non solo, sembra intenzionato a dare alle stampe, dopo una ventina d'anni d'assenza dalle sale di registrazione, un nuovo disco inedito. Una bella notizia che lascia senza parole. L'occasione per riprendersi e riprendere confidenza con le sonorità dei Crime è data dall'uscita di una raccolta antologica sul periodo berlinese della band australiana “An
Introduction to… Crime & The City Solution: A History of Crime –
Berlin 1987 -1991”. Volete saperne di più? Semplice, leggete il mio
articolo per Kalporz qui
sabato 6 ottobre 2012
First listen : The Raveonettes - Observator
Zitto, zitto, quatto quatto, rispunta fuori il duo danese più rock'n'roll della storia. Non vi viene in mente niente, male molto male. A letto senza cena e filare dritti in camera ad ascoltarsi fino alla noia Psychocandy dei Jesus & Mary Chain. Audio a tutto volume, sennò non vale. Quando i vostri orecchi chiederanno pietà e misericordia, date un'occhiata allo streaming del nuovo album dei Raveonettes, "Observator" (Vice Records, 2012). Un ritorno in grande stile, tra fine sensibilità pop e divagazioni shoegaze. Qui potete trovare la mia recensione del disco per Kalporz. Buona lettura e buon ascolto.
Streaming :
mercoledì 26 settembre 2012
Fellini - O Adeus de Fellini
La Terra sembra ferma, eppur si muove. Il mondo gira intorno
a noi e spesso non ce ne accorgiamo. Nuove realtà artistiche nascono, crescono
e scompaiono nei posti più impensabili. La Vanguarda paulista (avanguardia di
San Paolo), movimento culturale
sviluppatosi a San Paolo di Brasile tra la fine degli sessanta e i primi
anni ottanta, mette in dubbio le labili certezze della cultura
filo-anglosassone. La punta di diamante dell' Vanguarda paulista sono i Fellini
(nome scelto come tributo al grande regista italiano). Il bello è che i Fellini non c'entrano niente
con gli altri artisti facenti parte della "Vanguarda", perché è bene
dirlo subito, il denominatore comune dell' Avanguardia di San paolo non è musicale, ma attitudinale. Gli artisti di
avanguardia si distinguono per l'innata volontà di sperimentare nuove vie
musicali e il rifiuto delle grandi etichette discografiche, estranee
all'underground. I Fellini non partecipano a nessun programma radiofonico o
televisivo, non ricercano le luci della ribalta, sono intenti a creare una
propria formula musicale. Nell'album di debutto " O Adeus de Fellini"
(letteralmente in italiano "Addio di Fellini "), uscito nel 1985 per
la casa discografica indipendente Baratos Afins, il gruppo inizia a delineare
la propria cifra stilistica.
I Fellini si mantengono a giusta distanza dai modelli
anglosassoni (Gang of Four, The Fall), costruiscono una propria identità, per
intenderci, non sono la solita imitazione dei Joy Division. Decidono di cantare
in portoghese (ad eccezione del brano Zäune, cantato in tedesco), scelta quanto
mai azzeccata, capace di far trasparire appieno la loro brasilianità. La
proposta musicale dei Fellini non è una riproposizione sterile di canoni
stilistici d'oltremanica, è un incrocio di mondi, all'apparenza,
inconciliabili: la tradizione musicale brasiliana (bossa nova, samba) e il post-punk
anglosassone.
Il bassista Thomas Pappon scrive la musica e il
cantante Volpato i testi delle canzoni.
e "Nada" è il manifesto del disco, la ritmica martellante della linea
di basso iniziale si incrocia con il suono dolce della chitarra acustica, è un
contrasto tra chiaro e scuro, luce e buio, pesantezza e leggiadria. Lo scontro
- incontro si ripropone continuamente, suoni e rumori vari (tra cui il suono di un treno nella
canzone d'apertura) si sfiorano, accarezzano a vicenda e mescolano in un
crogiolo di stili molteplici: le sonorità indiane di "Shiva Shiva "
(Shiva è una divinità induista),
l'espressionismo tedesco di " Zäune", il "sangre" spagnolo
di " Bolero" ( titolo del brano, molto probabilmente, ispirato al
Bolero, danza di origine spagnola nata
alla fine del XVIII secolo). Anche i brani di più chiara matrice anglosassone
("Rock Europeu", "Cultura", "Outro Endereço, Outra
Vida"), offrono una varietà di vedute sonore, grazie all'introduzione, mai
fuori luogo, di inserimenti di tromba e percussioni. "O adeus de
Fellini" è l'album che avrebbero inciso gli A Certain Ratio se fossero
stati brasiliani e non avessero avuto prerogative dance- punk. Fuor di
metafora, senza "se " e senza "ma", l'album di debutto dei
Fellini è uno dei migliori dischi, se non il migliore della new wave /
post-punk brasiliana. Merita un ascolto,
poi potrete maledirmi.
mercoledì 19 settembre 2012
Suck - Time to suck
Nutro un odio profondo per le cover band, le trovo inutili e banali. I piccoli locali e pub la pensano diversamente, non si contano le serate dedicate a band tributo di Queen, Oasis, U2, Vasco Rossi e chi più ne ha più ne metta. Un omicidio di massa della creatività e dell'originalità. Non si crea più, il musicista assomiglia sempre più allo studente sfigato dell'ultima fila, copia dal secchione della classe e consegna un'imitazione pedissequa dell'originale. Di per sé coverizzare brani di altri artisti è una sfida stimolante ed avvincente, la questione critica è la mancanza di un approccio personalistico verso i propri modelli. Il panorama musicale contemporaneo è affollato da sosia e imitatori. Non esiste più la nobile arte del " copia, ma non si vede" o "fa cover, ma con stile e personalità". Negli anni sessanta- settanta i brani famosi venivano rifatti da artisti su artisti, ma ciascun musicista tracciava la propria orma indelebile. I Suck, band hard rock sudafricana, ci hanno costruito una carriera. Il loro primo ed unico album "Time to suck" (Emi, 1970) è composto, fatta per eccezione per "The Whip" (registrata in sei ore negli studi della EMI a Johannesburg), da cover. Il chitarrista Stephen "Gil" Gilroy , il batterista Saverio "Savvy" Grande, il bassista Louis Joseph "Moose" e il flautista / cantante Andrew Ionnides si prodigano nel rifacimento di classici blues / hard rock, progressive rock e folk. Alcune cover sono più riuscite (Aimless Lady, Season of the witch, Sin's a good man's brother), altre meno (I'll be creeping). Il livello qualitativo si mantiene medio - alto, la personalità dei Suck emerge prepotentemente, la volontà c'è, la voglia pure, la determinazione anche, manca la fortuna. "Time to suck" passa inosservato, un disco di cover, per quanto ben fatto, è un punto di partenza, non d'arrivo, una cover non lascia trasparire appieno l'inventiva creativa. Le abilità compositive dei Suck, presunte e potenziali, rimangono nascoste, non per volere della band, ma delle circostanze nefaste (l'aggravarsi della situazione politica e sociale). Il desiderio di registrare materiale inedito si infrange, il gruppo dopo l'uscita di "Time to suck" si scioglie. Tutto è finito o quasi. La storia dei Suck vive grazie ai cultori dell'hard-rock. Recentemente, nel Novembre 2001 "Time to suck" è stato masterizzato su cd, grazie all'etichetta sudafricana Retro Fresh.
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sabato 28 luglio 2012
For Against - December
I For Against sono una chimera nel panorama musicale statunitense. La proposta artistica di Jeffrey Runnings (basso, chitarra, voce), Greg Hill (batteria) e Harry Dingman (chitarra) è utopica ed atemporale, sfugge all'epoca e al luogo in cui è stata creata. Negli anni ottanta, negli Stati Uniti i For Against uniscono la tradizione indie pop britannica e la cupezza post-punk delle giornate di pioggia londinesi. Viene da chiedersi se i For Against non abbiano truccato la carta d'identità e non siano davvero di Manchester. Se i Rolling stones negli anni sessanta volevano fare gli americani, i For Against vogliono fare gli inglesi. L'eventualità di scadere nel ridicolo è alle porte, rubare è facile, copiare senza farsi beccare è più difficile. La brutta copia la sa fare chiunque, la redazione della bella copia è dono di pochi. I For Against, cresciuti, a pane, Joy Division e pop britannico, hanno imparato la lezione a menadito. L'apprendimento è solo la prima fase del processo, la più democratica, il secondo passo, il più elitario, è la creazione di un'opera originale, inedita da custodire scrupolosamente come se fosse un segreto. "December" (1988), secondo album per la band di Lincoln (Nebraska), è l'apice compositivo della premiata ditta Runnings, Hill, Dingman. L'esordio "Echelons" (1987), disco brillante, ma a tratti dispersivo, aveva svelato le carte in tavola, "December" le rimescola e crea una somma perfetta tra sensibilità pop e indole dark.
L'anima del disco è da ricercare nella sezione ritmica, nella perfetta intesa tra Jeffrey Runnings e Greg Hill, il basso è il direttore d'orchestra, traccia la direzione sonora da seguire, per tutta la durata di "Stranded in Greenland", "Clandestine High Holy", "Sabres", "The Effect", "The Last Laugh" le linee di basso, in primo piano, sono l'ago della bilancia, l'anello di congiunzione tra follia e razionalità. La passionalità, l'estro creativo sono nei dettagli, nella ricercatezza del profilo finale. Ne risulta un suono d'insieme lineare, privo di formalismi, manierismi e pressappochismi. Il quadro conclusivo delineato dai For Against è un scontro - incontro tra luci chiaro-oscure, come in un quadro di Caravaggio.
L'anima del disco è da ricercare nella sezione ritmica, nella perfetta intesa tra Jeffrey Runnings e Greg Hill, il basso è il direttore d'orchestra, traccia la direzione sonora da seguire, per tutta la durata di "Stranded in Greenland", "Clandestine High Holy", "Sabres", "The Effect", "The Last Laugh" le linee di basso, in primo piano, sono l'ago della bilancia, l'anello di congiunzione tra follia e razionalità. La passionalità, l'estro creativo sono nei dettagli, nella ricercatezza del profilo finale. Ne risulta un suono d'insieme lineare, privo di formalismi, manierismi e pressappochismi. Il quadro conclusivo delineato dai For Against è un scontro - incontro tra luci chiaro-oscure, come in un quadro di Caravaggio.
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venerdì 13 luglio 2012
Rodan - Rusty
In ambito underground capita
spesso che un gruppo si fermi al primo disco e non incida più niente, divenga
vittima precoce dell'oblio. I Rodan sono l'eccezione che conferma la
regola, nel 1992 a Louisville Jason
Noble e Jeff Mueller, amici di vecchia data e studenti d'arte, insieme a Tara
Jane O'Neil e Kevin Coultas, formano i Rodan.
Con "Rusty" (1994),
primo ed unico album, entrano a mani basse nella storia della scena alternative
rock statunitense. Si muovono abilmente tra tradizione ed innovazione,
realizzano un'opera dalle molteplici sfaccettature: ogni angolatura,
spigolatura rivela prospettive diverse. Al primo ascolto alcuni canzoni
richiamano gli stilemi post-hardcore, in particolar modo "Shiner" e
la straniante e dilaniante "The Everyday
World of Bodies". Quest'ultima riprende la struttura canzone
post-hardcore e la sviluppa in progressione, la durata del brano, undici minuti
circa, risulta inusuale per un brano post-hardcore. Ad eccezione fatta per la
già citata "Shiner", la durata media dei brani si aggira su i sette
minuti.
Emerge dirompente la volontà di
allontanarsi dal primitivismo espressivo hardcore con l'intenzione di
conservarne la potenza comunicativa. Il rumorismo da passionale diventa
cerebrale, l'efferatezza delle chitarre, fredda e ragionata, è sincopata da
urli di sospiro ed intermezzi strumentali dai toni decadenti (Bible Silver
Corner). In un primo momento vengono alla mente i concittadini Slint, poi
sembra quasi di ascoltare un ipotetico split tra Fugazi, Flipper e Jesus
Lizard: un incrocio perfetto tra post-hardcore,
sperimentazione hardcore e graffiante noise-rock . Un sincretismo
perfetto. Un equilibrio tra anime sonore diverse ben amalgamato, ma di breve
durata. Il gruppo si scioglie poco dopo,
nel 1994. Ma le intuizioni, le idee, i progetti dei Rodan continuano a vivere in nuovi progetti
: Jeff Mueller forma i June o f 44,
Jason Noble i Rachel's e Tara Jane
O'neil entra a far parte dei Retsin.
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giovedì 14 giugno 2012
Tuxedomoon:Thirty five years in one night
"On
this day, June 14, 1977 at the Just Desserts Cafe in San Francisco, the first
Tuxedomoon show was given by Blaine L. Reininger and Steven Brown. That
was 35 years ago." Blaine L. Reininger
Come ci ricorda Blaine L. Reininger, circa trentacinque anni fa nacque il primo nucleo dei Tuxedomoon. Di anni ne sono passati, ne hanno fatto di strada quei due ragazzotti. San Francisco è solo l'inizio della storia, il seme della luna in frac si è sparso nel mondo, nel vecchio continente prima e in Messico poi. Fuori dalle logiche di mercato, senza mai cedere a compromessi di alcun tipo, i Tuxedomoon, si sono mossi da battitori liberi: non hanno mai seguito le mode, semmai l'hanno create. Non si sono abbassati al mercimonio alienante delle majors, ma piuttosto hanno creduto fermamente in piccole realtà discografiche indipendenti : Ralph Records, Crammed Discs su tutte. Avulsi da ogni possibile catalogazione o etichetta, la musica dei Tuxedomoon ha volato e continua a volare leggera come una farfalla. Per il trentacinquesimo anniversario della band mi sono divertita a stilare una playlist dei miei brani preferiti. Eccola:
11.In a manner of speaking
10. Holy Wars
9. Atlantis
8. You
7. Litebulb Overkill
6. Heaven or Hell
5. Everything you want
4. 59 to 1
3. No Tears
2. What use?
1. Desire
1. Desire
ps. dovevano essere dieci, ma non ho resistito ed ne ho aggiunta un'altra. La scelta è' stata ardua, mi vogliate scusare per gli esclusi eccellenti.
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giovedì 7 giugno 2012
Alla ricerca dell’artista perduto : Tom Diabo
All’inizio mi ero prefissata di
tracciare un determinato percorso su questo nuovo spazio web: parlare dei
gruppi principali della Neue Deutsche Welle e della Komische Musik (meglio
conosciuta come Kraut Rock), ma ieri per puro caso mi è capitato di ascoltare
su Youtube alcune canzoni di Tom Diabo, chitarrista e compositore tedesco dimenticato da fans (ammesso che ne
abbia avuti) e detrattori. Su Internet non si trovano tracce della sua
esistenza, nessuna foto, nessun sito o blog, niente di niente. Nemmeno su
Discogs si trovano informazioni, l’unica
notizia trasparita è la
registrazione di un album: Dark Star,
tra il 1980 e il 1985. Naturalmente non mi sono accontenta di rimanere a bocca
asciutta così, ho continuato le ricerche e sul sito del giornale “Zeit” ho
trovato un articolo dedicato in minima parte a Tom Diabo, niente di
particolarmente dettagliato, ma abbastanza per entrare a dovere nelle vesti di
Diabo. Stando alle parole di Freddie Röckenhaus, giornalista redattore
dell’articolo, “Dark star è il primo ed unico
disco del chitarrista Tom Diabo (da Wuppertal ), un taccuino, i cui schizzi non passano
mai attraverso la procedura di smussatura e levigatura dello studio di registrazione.
Tom Diabo muore di cancro a Febbraio. Il materiale su disco, a causa della
limitatezza dell’epoca, è stato registrato su nastro a casa di Diabo, usando
mini sintetizzatore, basso,chitarra e una macchina ritmica .” („Dark Star”, erste und einzige Solo Platte des
Gitarristen Tom Diabo aus Wuppertal, ist ein Notizbuch, dessen Skizzen nie mehr
durch die Polier- und Schleif Prozedur eines Tonstudios gehen. Tom Diabo starb
im Februar an Krebs. Das Material zur Platte hatte er, ziemlich genau von der
Begrenztheit seiner Zeit wissend, zu Hause auf dem Tonband eingespielt – mit
Mini Synthesizer, Baß, Rhythmus Maschine und Gitarre.). Diabo si avvale
di una produzione lo-fi, minimalista, si ispira al post-punk , alla dark wave
e a certa minimal wave e synth-pop. L’atmosfera del disco è permeata da una certa vena malinconica, pessimistica e rinunciataria, come se la morte fosse vicina, come se la parola fine fosse stata già pronunciata, emblematiche di
questo umore nero, sono “The End of the Line” e “Dead End Street”. Il
pessimismo lascia intravedere anche margini di speranza (“Love is a nice
dream”), seppur tenue, e a tratti ultraterrena e trascendentale (“Heaven”). Il
disco presenta alcuni momenti riusciti, canzoni come “Suspicious” che non
sfigurerebbero su un disco a caso di Blank Dogs, altri passaggi ampiamente dimenticabili, data la loro
incompiutezza. “Dark Star” è un libro aperto, alcune pagine sono strappate,
difficili da decifrare, altre descrivono in modo sublime la solitudine
interiore di noi poveri umani.
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venerdì 25 maggio 2012
Aa.vv. - And Now live from Toronto: The Last Pogo
La compilation "The Last Pogo" (Bomb Records), colonna sonora dell'omonimo documentario diretto da Colin Burton testimonia l'esistenza e la vivacità del proto-punk / punk canadese. I brani presenti su disco sono stati registrati il primo e secondo Dicembre 1978 alla Horseshoe Tavern di Toronto, locale in stile CBGB'S. Non un giorno qualunque, ma quello della data di chiusura del locale. Il titolo "The Last Pogo " (l'ultimo pogo) allude a questo evento. Per l'ultimo pogo alla Horse Tavern si ritrovano i principali esponenti della scena musicale locale, Toronto e dintorni : gli Scenics, i Cardboard Brains, i Drastic Measures, i Mods, i Secrets, gli Ugly, gli Everglades e la Ishan Band. Il valore della raccolta trascende il lato artistico, "The Last Pogo" è un documento storico, un tassello importante per ricostruire la storia della musica: offre un minimo di visibilità a un movimento dimenticato, quello punk e proto-punk canadese, di minore entità rispetto a quello inglese ed americano. Le performance di qualche gruppo sono forse dimenticabili, ma lo spirito di fondo che anima la serata è da incorniciare e ammirare nei secoli dei secoli. L'unità, la forza di suonare insieme fortificano una scena e la rendono nella grande pur nella sua marginalità. Uniti si può fare la storia, poi c'è sempre chi riesce a volare alto da solo e raggiungere vertici inimmaginabili , è il caso dei Scenics, band proto-punk che non ha nulla da invidiare o quasi ai cugini americani Velvet Underground, tributati nell'album live "How Does it feel to be loved ?". Gli altri gruppi rimangono nell'ombra, pagano il dazio di appartenere a una piccola realtà, ma poco importa, quando c'è un'insana voglia di divertirsi e far casino. Canzoni come "All Because of You" degli Ugly o "Jungle" dei Cardboard Brains mettono il malcapitato ascoltatore a proprio agio, sembra proprio di essere al pub con gli amici a pogare. Non si può chiedere di meglio a un compilation punk/ proto punk.
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domenica 20 maggio 2012
The Bidons - Granma Killer
La fine del mondo è vicina, Maya docent, il 21 Dicembre 2012 non è più un lontano miraggio, uomo avvisato, mezzo salvato. Per fortuna, arrivano in nostro soccorso i Bidons con il loro garage rock al fulmicotone. "Granma Killer", l'album d'esordio del quartetto sprigiona un'energia fuzz di altri tempi, un ritorno al passato in grande stile, nel solco della tradizione sixties come testimoniano le due cover , "Be a Caveman" degli Avengers e "Nightime" degli Strangeloves. La volontà e necessità di richiamare l'immaginario musicale e iconografico degli anni sessanta non devono però essere confuse con l'essere passatisti a tutti costi, Il sacro fuoco dell'onestà intellettuale spinge a rendere trasparente il proprio background culturale, alla faccia di tutti quei gruppi pseudo-indie senza forma e sostanza.
I Bidons non sono l'ennesima stupida cover band, fatta esclusione per le due cover, incidono solo brani originali, sia lodato il caveman che c'è ognuno di noi. Buttate nel cestino l'ennesimo disco di cover. Come? Non l'avete ascoltato? Menomale, vi siete risparmiati due giorni di diarrea. Vabbè, dove ero rimasta? Ah, sì, al caveman che si cela in ognuno di noi. Mi raccomando, ascoltate la voce dell'istinto, fregatevene delle mode e accattatevi il disco dei Bidons, otto canzoni, tra passato, presente e futuro. Chi diavolo ha detto che il garage è morto? E' vivo e vegeto e lotta insieme a noi, i Bidons ne sono la reincarnazione.
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Bandcamp
Myspace
sabato 19 maggio 2012
AA - Essential entertainment
La scena post-punk belga degli anni ottanta è uno scrigno magico, ogni qualvolta venga aperto, regala sempre qualche piacevole sorpresa, magari quando meno te l'aspetti, quando pensi di aver visto tutto e non hai visto niente, realizzi che è stupido fermarsi alla superficie delle cose, perché in fondo c'è sempre qualcosa rimasto recondito nell'ombra. L'ascolto di "Essential Entertainment" è la riscoperta di un vecchio giocattolo, quel pupazzo, con cui si era soliti giocare da piccoli, abbandonato nell'angolo ad accumulare polvere durante l'adolescenza. Gli AA (da non confondere con gli Aa, band experimental rock di New York), autori dell'EP "Essential Entertainment", ci risvegliano dal quel dannato torpore, quel senso di nausea costante che pervade le nostre anime. Solo quattro canzoni e poi il nulla, una storia, con un inizio, ma senza un fine. Da questo punto di vista le parole dell'ultimo brano, "Suicide Fever" risuonano profetiche : "I don't believe in future", in italiano "Non credo nel futuro". Ma a ben vedere tutto l'EP è pervaso da una sorta di rifiuto, se non rigetto della società contemporanea stessa, illuminante è il titolo della canzone di apertura "Society stinks" (la società puzza), riflette la depressione socio-economica, frutto della disoccupazione e deindustrializzazione. A colpire nel segno non sono solo le parole, affilate come lame, ma l'atmosfera decadente di (s)fondo, l'incedere a tratti delirante, a tratti ossessivo della batteria. Il disco fotografa un attimo nel tempo, quell'attimo in cui un gruppo di ragazzi belghi, Geert Beuls (voce), Eddy Gabriel (chitarra), Eddy Goossens (basso) e Remo Perrotti (batteria) decidono di formare un gruppo.
L'idea di mettere su una band nasce nel 1980 ad Hasselt, Beuls e soci assistono al concerto dei "The Machines", vincitori della seconda edizione del contest "Humo's Rock Rally", sponsorizzato da una rivista settimanale. Schifati dal circo dei talent show ante litteram, danno metaforicamente uno schiaffo in faccia alla tradizione: cominciano a suonare in uno studio di registrazione a Bilzen, i risultati della jam session vengono registrati su una cassetta a quattro tracce, mai pubblicata.
in studio di registrazione |
Due settimane dopo il gruppo a Diest registra e mixa sotto la supervisione di Frank "Sexy" Jamart (Struggler) "Essential Entertainment", primo ed e unico ep degli AA, distribuito in sole 500 copie dalla fantomatica Sexy Robot Records, casa discografica inesistente, creata ad arte dai New cultural decay per l'uscita di "Brave new world". Dopo qualche concerto la band si scioglie, nessun contrasto o dissidio interno tra i componenti, ma semplicemente la voglia di fare altro: gli AA, nati per contrastare la il tradizionalismo musicale e il music business, decidono di dedicarsi ad altri progetti.
AA - 28 anni dopo |
Links :
Myspace
mercoledì 11 aprile 2012
Blueboy - If wishes were horses
Le cose semplici, genuine nella vita vengono spontanee, i Blueboy, duo pop britannico, nascono dall'amicizia fra Keith Girdler e Paul Stewart. A una festa di qualche amico comune, i due cominciano a parlare di dischi per ore ed ore. Scocca la scintilla magica: Girdler e Stewart condividono gli stessi gusti musicali, senza pensarci due volte, formano un gruppo, i Fevertrew. I primi germogli crescono, ma è ancora presto per la primavera. L'idillio giunge a compimento solo qualche anno dopo, quando a Girdler e Stewart si aggiungono altri tre componenti.
La band suona live in piccoli locali, raggiunge il successo nella cittadina natale di Reading, ma si scioglie poco dopo. Girdler e Stewart ci riprovano con un nuovo progetto: i Blueboy. Registrano un demo tape in un capannone di un amico e inviano una delle canzoni , "Clearer" alla Sarah Records. L'etichetta decide di pubblicarla come singolo nell'autunno 1991. Nel frattempo nella line-up cambiano gli equilibri, i Blueboy diventano un vero e proprio collettivo: subentrano il chitarrista Harvey Williams (ex-componente di Field Mice, Another Sunny Day), la cantante / violoncellista Gemma Townlet, il bassista Mark Andes e il batterista Lloyd Armstrong. Nel 1992 ritornano con un nuovo singolo "Popkiss" e con il primo album "If wishes were horses", pubblicato sempre sulla fedele Sarah Records. "If Wishes were horses" è un disco d'esordio solido e maturo. Fare pop non è mai facile, in un batter d'occhio si scade nel banale, in ballate melense colonna sonora dei peggiori bar di Buenos Aires. Girdler, per sua stessa ammissione, si rifiuta di scrivere tediose canzoni di amore tra un ragazzo e una ragazza, preferisce l'ambiguità. Quella dose di ambiguità tipica della tradizione pop inglese, l'abilità nello smuovere e confondere le acque di Morrisseyana memoria. In scala minore Keith Girdler conferisce un velo di mistero e imprevidibilità ai testi. Particolarmente studiata è invece la parte musicale: le strutture armoniche risultano curate nei minimi particolari, nella fase di scrittura e registrazione niente è lasciato al caso, ogni passaggio strumentale presenta una sua motivazione di fondo. I brani sono piccoli pezzetti di un puzzle immaginario: hanno una forma precisa e combaciano l'un con l'altro. Con accortezza i Blueboy cercano di ricomporre i tasselli mancanti e regalarci la gioia infantile di disfare e rifare il puzzle.
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domenica 8 aprile 2012
Live Report : Meat Puppets live alla Flog, 7.4.2012
Quasi per caso mi ritrovo ieri sera al concerto dei Meat Puppets alla Flog. L'evento è stato poco pubblicizzato, non ho visto un manifesto in tutta Firenze, un vero peccato. Il concerto dei Meat Puppets è una sorta di sogno a occhi aperti, i fratelli Kirkwood, Cris e Curt hanno attraversato indenni tre decadi, gli anni ottanta, gli anni novanta e gli anni zero. Ed il motivo di questa eterna gioventù è intuibile fin dai primi minuti. I due fratelli dimostrano sul palco una sprizzante vivacità come se il tempo si fosse fermato al 1982, anno di uscita di "Meat Puppets II", disco riproposto nella sua interezza durante la serata.
In quasi due ore di concerto la percezione è di assistere a un viaggio con alla guida, in grande spolvero, Curt Kirkwood e la sua chitarra. Il fratello Cris al basso e Shandon Sahm alla batteria, quasi ad occhi chiusi, seguono la direzione sonora tracciata da Curt, nasce un'alchimia speciale. Curt è il capocannoniere della squadra, si diverte nel bel gioco, non in solitaria, i compagni di squadra, ricevuta la palla al balzo, fantasticano con lui. Shandon Sahm alla batteria, non perde un colpo e il fratello Cris palleggia che è un piacere. Fuor di metafora, i Meat Puppets in sede live divertono e fanno divertire, coniugando insieme diversi mood sonori: principalmente, lo spirito punk degli esordi e la vena country dal retrogusto bucolico. L'ascoltatore è confuso e felice, ballate come "Aurora Borealis" e "I'm a mindless idiot" acquistano in ruvidezza e potenza, "Climbing" e "The whistling song", country songs scanzonate, in ritmo. Il punk è sempre dietro l'angolo, le sfuriate di Curt Kirkwood, cavallo impazzito, catalizzano l'attenzione delle prime file: indomito Curt cavalca sul palco ed è più volte sul punto di fare stage-diving. Il concerto è quanto di più lontano da una semplice riproposizione di "Meat Puppets II", i vari brani eseguiti assumono una propria unicità data dalla capacità di improvvisare di tutta la band, particolarmente forte è l'intesa tra Curt e il batterista Shandon Sahm. L'abilità nel dare un tocco speciale a canzoni suonate chissà quante volte è il miglior biglietto da visita che ci possa essere per un gruppo. La differenza essenziale tra un disco e un'esibizione live è l'imprevisto, Curt Kirkwood non si sa mai dove voglia ad andare a parare, per sua stessa ammissione, non segue alla lettera la tracklist di "Meat Puppets II", alterna i brani del disco a i classici della band e alcune covers (Sloop John B, Hey baby que paso), è un piacere osservare la sua faccia ed immaginare a cosa stia pensando. A fine concerto si torna a casa a malincuore, ma soddisfatti.
martedì 27 marzo 2012
The Crawling Chaos - The Gas Chair
I Crawling Chaos nascono a Ashington, Nothumberland (contea inglese, ai confini con la Scozia) dall'incontro alla scuola locale tra Strangely Perfect (Martin Rees) e Doomage Khult (Jeff Crowe): due giovani con diversi interessi in comune: la musica, l'astronomia, i romanzi horror fantasy, i lati più oscuri della scienza e la scienza generale.
Strangely Perfect |
Doomage Khult |
Khult e Strangely condividono l'esperienza musicale e l'hobby per le più strane diavolerie elettroniche, ma è la passione per il movimento punk che li porta a formare un proprio gruppo: i Crawling Chaos, nome scelto in omaggio allo scrittore horror Howard Philips Lovecraft e al Ciclo letterario di Cthulhu, creato dallo stesso autore.
La band comincia a provare e registrare negli Attic Studios, la line up prevede oltre Khult e Strangely Perfect, Errol Dynamic (Eddie Fenn) alla batteria, Steve Mooth (Steve Smith) e Straight Dave (Dave Cook) che si alternano al basso, per poi lasciare la band quasi subito. Dopo la dipartita di Smith e Cook il gruppo alla ricerca di un nuovo bassista, scrive un annuncio dal tono ironico e sarcastico sull' "Evening Chronichle" (quotidiano edito in Newcastle) : " We are sick of straight jerks jacking it in". Holly (David Halton), proveniente dall'esperienza con i Nothin', entra nella band.
Alcuni brani dei Nothin' diventano poi parte integrante del repertorio dei Crawling Chaos. Il gruppo comincia a inviare vari demo alla Factory Records. Le due menti dell'etichetta rispondono in maniera radicalmente opposta agli impulsi sonori dei Crawling Chaos: se Martin Hannett si rifiuta di produrre la band, Tony Wilson, particolarmente impressionato dalle sonorità del gruppo, acconsente alla pubblicazione del primo singolo "Sex Machine" (1980). Dopo l'uscita cominciano i dissidi con la casa discografica, la Factory perde le copie originali delle registrazioni del primo LP della band, l'album viene quindi remixato in uno studio costoso di Newcastle e la data di uscita rimandata. Alla fine l'album esce sull'etichetta "Disque du Crepescule", succursale belga della Factory, dalle vedute più aperte, che solo un anno prima aveva pubblicato la compilation "The Fruit of the Original Sin", contenente artisti come DNA, sperimentatori no wave e Winston Tong, membro fondatore dei Tuxedomoon, band da sempre caratterizzatasi per l'estro avanguardista . Belga non è solo la casa discografica che pubblica l'album , ma anche l'artista che ne realizza la copertina : Denyse Willem. Tutta sembra filare liscio finalmente, se non che l'etichetta cambia il titolo dell'album, accorciandolo : da "The Gas Chair Clown" (anagramma di Crawling Chaos) a "The Gas Chair".
Holly |
"The Gas Chair" non risente minimamente dei disguidi di realizzazione, è un disco quanto mai lucido nella sua follia. La Factory non l'ha voluto pubblicare per paura di osare troppo. "The Gas Chair" non è il tipico album post-punk in stile Factory Records, i Crawling Chaos non sono certo i Joy division o i Cripsy Ambulance, forse la band a cui potrebbero essere minimamente paragonati sono gli A Certain Ratio, ma si tratterebbe pur sempre di un giudizio banale ed approssimativo. I Crawling Chaos raffigurano scenari tra realismo e surrealismo. In "Guinness" si annusa l'odore della pinta stracolma di birra e sembra di sentire gli stramazzi da pub, in "Macabre Royale" l'incedere lento ed obliquo degli arpeggi di chitarra suscita una sensazione in bilico tra suspense e timore, sopraffazione e alienazione. "Creamo Coyl" dai toni martellanti e ossessivi suona come la parodia perfetta di un jingle pubblicitario, "Arabesque", brano realizzato sul tavolo del salotto della madre di Strangely Perfect, è una pazza corsa psichedelica dal retrogusto arabeggiante. "Left hand path", altalenante nel ritmo e cadenzato nel cantato, richiama atmosfere, suggestioni "residentsiane". "Disierta Membra" nella sua strutturazione ricorda vagamente le suite prog: l'incipit è minimale, lo sviluppo è caotico ed improvviso. E sul finire "Harry", "Canadian Pacific" e "Breaking Down" presentano una forma canzone semplice e diretta, quasi delle ballate da cantare ai falò, ma da sbronzi.
Sito Ufficiale The Crawling Chaos qui
lunedì 26 marzo 2012
Windrone- Scraps ep
I Windrone, giovane realtà dell'underground musicale napoletano, formatisi nel Febbraio 2011, ha da poco inciso l'ep di debutto "Scraps". Dopo vari cambi di formazione e difficoltà legate alla registrazione del disco, il gruppo sembra aver trovato la retta via smarrita. "Scraps ep" ci riporta alla fine degli anni ottanta, agli scatenati polverosi e abbandonati, quando la sub pop non era ancora un'etichetta discografica, ma solo una fanzine. La band, nonostante la giovane età, si muove con destrezza in territori noise, grunge e stoner, i quattro brani su disco, Razorhail Storm, Fog, Weaving, ...Your Coffin ne sono la conferma. A conti fatti, pur con qualche difetto dovuto all'inesperienza, i Windrone riescono a dimostrare la propria tenacia e voglia di spaccare tutto, da intendersi non in senso spregiativo, bensì costruttivo: distruggere un modo medievale di approcciarsi alla musica e seminare i tasselli per un nuovo rinascimento rock. Nella voce maledettamente sguaiata del cantante Luca Ciscognetti emerge in modo preponderante il malessere di una generazione senza futuro. "Scraps ep" è un ritorno allo spirito punk e un calcio al rock da classifica, sempre più mummificato e incapace di trasmettere messaggi ai giovani. Com'è che diceva un giornalista qualche mese fa? Il rock è morto? Sarà il caso di svegliarlo o lasciarlo nel sonno dell'ignoranza?
Weaving...
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Weaving...
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giovedì 22 marzo 2012
Vergesst Eisbär : Grauzone
Dopo la rinascita psichedelica ed
elettronica, la Germania verso la fine degli anni settanta e i primi anni
ottanta viene fortemente influenzata dal florido underground post-punk britannico. Nelle principali città
tedesche, Berlino, Hannover, Düsseldorf, Amburgo, Hannover, Hagen, si
sviluppano a macchia d'olio realtà musicali ispirate alla "new wave" d'Albione. Tra il 1979 e il 1981 nasce, si afferma la
voglia di ricalcare le tracce di gruppi come Joy Division, Wire, Talking Heads,
Public Image Ltd.,This Heat. Non si tratta di un tentativo di emulazione
pedissequa, i primi gruppi formatisi nel 1979 Der Plan, Extrabreit, Deutsche
Amerikanische Freundschaft ed molti altri interiorizzano sonorità britanniche,
le fanno proprie e alla fine nasce spontanea la necessità di comporre musica
originale, dai testi stravaganti, bizzarri e che presenta un notevole intreccio di stili (synth pop,
minimal wave, new wave, post-punk), sono gli albori della Neue Deutsche Welle.
Tra i gruppi pionieri della NDW figurano i Grauzone ("zona grigia" in
tedesco), rappresentativi della corrente svizzera del movimento. Marco Repetto, batterista dei Glueams, di
ritorno da Londra sul finire del 1979,
consapevole della fine del punk (i londinesi ballano sulle trame
elettroniche dei Fad Gadget), insieme al bassista GT decide di lasciare i
Glueams e progettare con i fratelli Martin e Stephan Eicher un nuovo modo di fare
musica all'insegna della multimedialità: la strumentistica tradizionale è
arricchita da sintetizzatori, effetti di luce e proiezioni di Super 8. Nascono
i Grauzone. Il primo concerto del gruppo
avviene nel marzo 1980 a Berna allo Spex Club, ed è proprio ad un concerto che
la band viene notata da Urs Staiger, direttore della rivista punk zurighese
"No Fun" e ottiene la possibilità di registrare due brani (Raum e Eisbär)
per la compilation "Swiss Wave- The Album". Nel 1981 arriva il
contratto con la Welt Record / EMI, il singolo Eisbär riceve una maggiore
promozione, raggiungendo ottimi risultati di vendita nelle classifica tedesca e
austriaca. Dopo questo exploit di vendite il successo diminuisce
considerevolmente. La band rinuncia categoricamente alle apparizioni televisive
ed ai concerti si diverte a sperimentare con i sintetizzatori, evita di
proporre le hits, richieste dal pubblico di massa distratto. "Se qualcuno
vuole ascoltarsi "Eisbär", si deve comprare il vinile" così la
pensano i fratelli Eicher.
Tra Luglio e Agosto del 1981 ai
Sunrise Studios di Kirchberg i Grauzone registrano e mixano l'omonimo LP di
debutto. Eisbbär non viene inclusa nel disco come ovvio che sia, la band nutre
verso il brano un rapporto di amore ed odio, è la loro maggiore hit, ma è allo
stesso tempo un'arma a doppio taglio. Nell'album trovano spazio perle
sintetiche dall'attitudine punk, brani come "Wütendes Glas" e
"Kunstgewerbe" dal retrogusto
disco descrivono l'alienazione sociale con soluzioni compositive minimali e
dadaistiche (un po' come facevano nello stesso periodo Deutsch Amerikanische
Freundschaft e Fehlfarben). La fanno da
padrona i sintetizzatori, i campionamenti di batteria, la chitarra, il basso,
elementi portanti del tipico sound post-punk, sono sullo sfondo, fanno da
cornice al quadro sonoro elettronico in primo piano. Nella traccia iniziale
"Film 2" (completamente strumentale) il basso è del tutto assente, ma
la band riesce amabilmente a ricreare l'atmosfera dark-industrial: l'uso di
arpeggi-synth e l'incedere martellante di beats richiamano scenari spaventosi e
affascinanti allo stesso tempo . L'astrazione elettronica e strumentale lascia
spazio all'immaginazione alimentata dai
testi suggestivi e non convenzionali
("In der Nacht" ,"Hinter der Bergen" ,
"Schlachtet").
Dopo l'uscita del disco Repetto e GT lasciano il gruppo, i Grauzone rimangano in due (Martin e Stephan Eicher), a cui poi si aggiunge poi Ingrid Berney. La nuova formazione nel 1982 registra il singolo "Träume mit mir", epitaffio del gruppo.
Nel 1982 le strade si separano:Stephan Eicher intraprende una fortunata carriera solista in ambito pop /rock, Martin Eicher nel 1988 pubblica un ep da solista "Spellbound lovers", Marco Repetto diventa un dj di musica ambient e produttore.
Nel 1982 le strade si separano:Stephan Eicher intraprende una fortunata carriera solista in ambito pop /rock, Martin Eicher nel 1988 pubblica un ep da solista "Spellbound lovers", Marco Repetto diventa un dj di musica ambient e produttore.
giovedì 15 marzo 2012
Josef K- The Only Fun In Town
I Josef K sono da
annoverare tra le band più importanti e misconosciute del panorama
post-punk britannico. Stando ai fatti, potrebbero essere considerati
un gruppo meteora, appaiono e scompaiono nel giro di qualche anno,
tra il 1978 e il 1981. Il gruppo nasce dall'unione di Paul Haig (voce
e chitarra), Ron Torrance (batteria), Malcom Ross (chitarra,
tastiere) e Malcon McComack ( bassista, sostituito in seguito da
David Weddell), incide cinque singoli ed un unico album "The
Only Fun In Town" (1981). Una vita breve, destinata però a
lasciare il segno. I Josef K, sono la sintesi perfetta tra art-punk (
Talking Heads e Television), proto-punk (Velvet Underground) e
post-punk (Joy Division). Fortemente influenzati dalla scena
artistica newyorkese anni settanta (da cui il primo nome della band
“Tv Art”) e dai primi vagiti della scena post-punk, con una
lucidità disarmante, metabolizzano i propri gusti ed influenze,
elaborano una nuova, formula musicale destinata a fare strada : un
ibrido tra la spensieratezza jangle pop degli Orange Juice (di cui
poi farà parte Malcom Ross), l'humus cupo e penetrante del nascente
post-punk e l'urgenza espressiva punk.
Nel corso del primo ed unico
disco si affiancano ritmi tirati ed abrasivi (Fun 'N' Frenzy,
Revelation, Crazy to exist) a momenti più sostenuti all'insegna
della migliore tradizione pop britannica (Heart of song ). Ago della
bilancia tra l'illuminismo pop e l'oscurantismo kafkiano (il nome
della band si ispira al protagonista de “Il Processo” di Kafka) è
la versatilità vocale di Paul Haig, contorsionista a fil di rasoio
sulle più variegate trame sonore :post-punk (16 Years), punk-funk
(Forever Drone), pop (It's Kinda Funny). L'equilibrio si rompe quando
Haig, animato da mire sempre più perfezionistiche (già
manifestatesi forse con l'aborto del primo progetto discografico del
gruppo “Sorry for Laughing”), intraprende la carriera solistica.
Con il revival new wave dei primi anni zero i Josef K diventano un
esempio di stile per gruppi come Franz Ferdinand, Futureheads,
Interpol e nel 2006 l'etichetta Domino, sulla scia del rinnovato
interesse nei confronti della band, pubblica la raccolta
“Entomology”.
sabato 10 marzo 2012
Intervista a Silvio Ferrero (Chromagain)
Nella cupa Torino degli anni ottanta nasce una delle più interessanti realtà electro dark wave italiane : i Chromagain. Il gruppo si forma nel 1982, la line up iniziale prevede alla voce Riccardo Acuto (sostituito per un periodo da Danilo "DANA" Barbero e poi da Davide Bassino), Luca Pastore (basso, chitarra e sintetizzatore) e Silvio Ferrero (tastiere). Gli inizi sono caratterizzati da sonorità principalmente post-punk, per poi elaborare uno stile più vicino alla synth wave inglese (New Order, Depeche Mode). Nel 1985 pubblicano per l'etichetta Supporti Fonografici ( label su cui incidono anche i Weimar Gesang) il primo ed unico ep "Any Colour You Like", registrato ai TKS Studio insieme a Mauro Tavella e Andrea Costa dei Monuments, altra band torinese.
L'ep contiene cinque brani di pregevole fattura, ma con un debito nei confronti della musica anglosassone. Non mancano però una forte personalità e la capacità di smarcarsi dai modelli di oltremanica e comporre piacevoli melodie pop. Le note scivolano sulle tastiere e i sintetizzatori, avvolte come fibre tessili da un fuso. I Chromagain, partendo dalla terra d'albione, ricamano trame originali. Se fossero nati in Inghilterra un posto nell'olimpo del synth pop non gliel'avrebbe tolto nessuno.
Nel Febbraio 2011 è uscita per l'etichetta "Anna Logue Records" la compilation "Any colour we liked" che raccoglie il primo ep più alcune bonus tracks , tra cui Wake Up ( una versione differente estratta dalla compilation "Danza Meccanica - Italian Synth Wave 1982-1987"), Ethnicbox ( brano presente nella compilation "Tracce" per l'etichetta Shirak),Season of Steel in chiave dub, mai rilasciata prima, una versione demo di Killing Dome.
Ho il piacere di aver contattato Silvio Ferrero, tastierista della band.
Grazie Silvio per l'opportunità concessaci di farti qualche domanda.
-Cominciamo, dalla recente compilation "Any colour we liked". Come mai questa reissue? Da chi è venuta l'iniziativa?
S.F.: L'iniziativa è partita da Alessandro Adriani di Mannequin in accordo con Anna Logue records dato l'interesse crescente fra i (giovani...) collezionisti attorno al nostro unico LP, mai ristampato su CD; Anna Logue ci ha anche inseriti sulla sua compilation per i cinque anni di attività con il brano "Satisfied".
- Mi piacerebbe avere te un breve racconto su come sono nati i Chromagain e come si è evoluto il progetto ?
S.F. :I CG sono stati fondati da me e Luca Pastore sul finire dell'82, entrambi ascoltavamo punk e new wave ed io mi ero comprato da poco il primo synth e la prima drum-machine (la mitica 808): appena ci siamo conosciuti abbiamo cominciato a suonare assieme; all'università ho trovato il cantante con il quale abbiamo registrato i nostri primi due brani. In seguito abbiamo evoluto la nostra line-up e per un certo periodo abbiamo avuto un 2° tastierista, Maurizio Gallero. A fine '83 c'è stata la nostra prima data "importante". A cavallo tra '84 e '85 abbiamo registrato il disco e nell'86 ci siamo sciolti.
- Credo che da parte di noi giovani ci sia una riscoperta della New Wave Italiana. Penso ad operazioni come "Crollo nervoso" o più recentemente la compilation "La new wave italiana [minimal synth, no wave & post punk sounds from the 80's italian underground] 1980- 1988" in cui è incluso il vostro brano "Wake Up". Che ne pensi?
S.F. :La riscoperta della new wave, in questi ultimi anni, penso che sia dovuta principalmente a due fattori: uno revivalistico (sono passati più di 30 anni dall'inizio del fenomeno) per cui ora, per certe generazioni, la new wave è un fenomeno "nuovo" come lo poteva essere per noi allora; l'altro dovuto al fatto che in questi ultimi anni non c'è un fenomeno musicale particolarmente coinvolgente e universale, come possono essere stati l'hip-hop o il grunge.
Discografia completa( Discogs) qui
Live al Blackout |
L'ep contiene cinque brani di pregevole fattura, ma con un debito nei confronti della musica anglosassone. Non mancano però una forte personalità e la capacità di smarcarsi dai modelli di oltremanica e comporre piacevoli melodie pop. Le note scivolano sulle tastiere e i sintetizzatori, avvolte come fibre tessili da un fuso. I Chromagain, partendo dalla terra d'albione, ricamano trame originali. Se fossero nati in Inghilterra un posto nell'olimpo del synth pop non gliel'avrebbe tolto nessuno.
Nel Febbraio 2011 è uscita per l'etichetta "Anna Logue Records" la compilation "Any colour we liked" che raccoglie il primo ep più alcune bonus tracks , tra cui Wake Up ( una versione differente estratta dalla compilation "Danza Meccanica - Italian Synth Wave 1982-1987"), Ethnicbox ( brano presente nella compilation "Tracce" per l'etichetta Shirak),Season of Steel in chiave dub, mai rilasciata prima, una versione demo di Killing Dome.
Chromagain/ Politburo/ Loschi dezi live al Big Club |
Ho il piacere di aver contattato Silvio Ferrero, tastierista della band.
Grazie Silvio per l'opportunità concessaci di farti qualche domanda.
-Cominciamo, dalla recente compilation "Any colour we liked". Come mai questa reissue? Da chi è venuta l'iniziativa?
S.F.: L'iniziativa è partita da Alessandro Adriani di Mannequin in accordo con Anna Logue records dato l'interesse crescente fra i (giovani...) collezionisti attorno al nostro unico LP, mai ristampato su CD; Anna Logue ci ha anche inseriti sulla sua compilation per i cinque anni di attività con il brano "Satisfied".
- Mi piacerebbe avere te un breve racconto su come sono nati i Chromagain e come si è evoluto il progetto ?
S.F. :I CG sono stati fondati da me e Luca Pastore sul finire dell'82, entrambi ascoltavamo punk e new wave ed io mi ero comprato da poco il primo synth e la prima drum-machine (la mitica 808): appena ci siamo conosciuti abbiamo cominciato a suonare assieme; all'università ho trovato il cantante con il quale abbiamo registrato i nostri primi due brani. In seguito abbiamo evoluto la nostra line-up e per un certo periodo abbiamo avuto un 2° tastierista, Maurizio Gallero. A fine '83 c'è stata la nostra prima data "importante". A cavallo tra '84 e '85 abbiamo registrato il disco e nell'86 ci siamo sciolti.
Chromagain live al Tuxedo ( foto M. Vernetti) |
S.F. :La riscoperta della new wave, in questi ultimi anni, penso che sia dovuta principalmente a due fattori: uno revivalistico (sono passati più di 30 anni dall'inizio del fenomeno) per cui ora, per certe generazioni, la new wave è un fenomeno "nuovo" come lo poteva essere per noi allora; l'altro dovuto al fatto che in questi ultimi anni non c'è un fenomeno musicale particolarmente coinvolgente e universale, come possono essere stati l'hip-hop o il grunge.
Discografia completa( Discogs) qui
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