giovedì 29 settembre 2011

R.E.M. - Fables of the Reconstruction


Parlare di “Fables of the reconstruction” (1985, I.R.S.) in termini esclusivamente musicali sarebbe sbagliato. Il terzo album degli R.E.M. è una raccolta di storie. Stipe con i compagni a Londra per registrare l’album è un poeta in terra straniera, ricorda la sua Athens, e lo fa nel suo stile, narrando le favole del Sud. Un tentativo di ricostruire tramite parole, a volte solo sussurrate, ricordi e luoghi. Ricercare se stessi e le proprie origine non è opera facile, gli R.E.M. dimostrano debolezze e fragilità in studio di registrazione, incapaci di trovare un accordo comune sulla via da intraprendere, sono quasi sul punto di sciogliersi, ma alla fine, riescono a catturare le  proprie paure ed ansie, trovando la giusta alchimia con il nuovo produttore Joe Boyd (Nick Drake, Fairport Convetion), che sostituisce la storica coppia Mitch Easter- Don Dixon (Murmur, Reckoning). Su disco si riflette alla perfezione lo stato d’animo cupo e discordante del gruppo, potrebbe essere un difetto in teoria, in pratica non lo è, dopo i primi ascolti si entra appieno nell’ottica dark del disco. Il gruppo abbandona le melodie ed efficaci dei lavori precedenti per sperimentare nuove vie fino ad allora inedite : l’uso solenne di fiati ed archi combinato argutamente con quello dissonante della chitarra di Peter Buck.”Feeling Gravitys Pull” è la chiave del viaggio immaginifico, di cui non importa tanto capire ogni singolo passaggio, quanto lasciarsi  trasportare dalla immaginazione, simboleggiata dalla “forza di gravità”(“Step up, step up, step up the sky is open-armed, When the light is mine, I felt gravity pull / Sali, Sali, Sali il cielo aspetta a braccia aperte, Quando la luce diventa mia,ho sentito la forza di gravità).In “Maps and Legends”, dedicata all’artista Howard Finster (noto per le copertine di “Reckoning” e “Little Creatures”), Stipe si diverte a giocare con il luogo comune dell’artista incompreso, parla di Finster ed in fondo allude al proprio ruolo di paroliere ermetico (“On his own where he’d rather be.Where he ought to be, he  sees what you can’t see, can’t you see that? / Sta da solo, dove vorrebbe essere. Dove dovrebbe essere, vede ciò che tu non riesci a vedere, non riesci a capirlo? “).Comincia poi il lungo cammino  tra le vie immense del Sud degli Stati Uniti, tra i tratti ferroviari  sconfinati (Driver 8), comete lucenti, metafore di amori non corrisposti (Kohoutek) e bizzarri personaggi tra la realtà e l’immaginazione di Stipe : lo strano Mr.Mekis (“Life and how to live it”),  il vecchio Kensey, artista pazzo come Finster e Stipe (“Old man Kensey”)e Wendell Gee, venditore di auto usate di Pendergrass.Non mancano una serie di “saggi” consigli(“Good advices”), le prime critiche allo scenario politico americano (“Green grow the rushes”) e un attimo di spensieratezza (“Can get there from here”).

Questa recensione fa parte di uno speciale dedicato alla band di Athens

Qui potete trovare nella sua interezza la parte dedicata al primo periodo : 1982 -1988


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5 commenti:

Francesco Zaffuto ha detto...

Comunicazione
Sulle rettifiche in blog e multe ho inserito questa lettera che passo
Cordiali saluti
http://www.lacrisi2009.com/2011/09/rettifiche-in-questo-blog-gia-fatto.html

Overthewall91 ha detto...

Grazie Francesco.

Blackswan ha detto...

Inquietante e ipnotico.Maps and Legends la mia preferita.

Overthewall91 ha detto...

Blackswan, non potevi descriverlo meglio :).

Anonimo ha detto...

Disco bello...bellissimo. Anche se a mio modestissimo parere Stipe & Co. non raggiungeranno mai più nella loro lunga carriera i livelli d'ispirazione, freschezza ed incredibile bellezza di quello che rimane il loro capolavoro insuperato : MURMUR.