Pierpaolo
Capovilla nasce, artisticamente parlando, con il noise rock di matrice
americana - ne sono testimoni gli album a nome “One dimensional man” – per poi
proseguire in un tentativo, non sempre riuscito, di introdurre nel tessuto
strumentale noise degli esordi il cantato in italiano: su un tappeto musicale
sporco Capovilla, non più bassista, canta/recita testi de “Il teatro degli
orrori”, che pretendono di essere, in base alle ambizioni dell’autore, pieni di
riferimenti socio - politici. Un equilibrio instabile e a buon ragione; dopo
tre album con il Teatro, Capovilla tenta la strada solista con “Obtorto collo”.
Il primo singolo, “Dove vai”, è un pezzo strumentalmente ricco (violino,
autoharp, chitarra acustica/elettrica) e si fa notare, in negativo, per la
povertà di scrittura nella trama melodica e testuale: la chitarra acustica si
confonde sotto strati di synth (”Dove vai/ cosa fai/ con chi esci/ con chi ti
confidi"), non c’è armonia tra le parti, solo una banale confusione, come
a voler cercare, forzatamente, una complessità compositiva insostenibile in ciò
che dovrebbe essere pop. Il ritornello ripetitivo e forse, sotto certi aspetti,
orecchiabile, date le fondamenta deboli, alla lunga non riesce a imporsi. “Dove
vai” è un po’ la chiave di lettura dell’intero album: Capovilla installa i suoi
testi, recitati o cantati, su un impianto sonoro (tra orchestrazioni e pop),
poco pensato e molto improvvisato (“Quando”), a volte minimale , altre volte
più denso (“Come ti vorrei”), ma che non presenta mai coesione e compattezza. E
il cantato/recitazione di Capovilla non riesce mai veramente ad inserirsi nel
contesto strumentale. “Obtorto Collo” non contiene vere e proprie canzoni, ma
testi privi di musicalità, recitati su un sfondo musicale a tratti curioso ma
mai veramente degno di nota, ordinario. Non viene rispettata la classica forma
canzone, fatta eccezione per la già citata “Dove vai”; si vuole piuttosto
provare una nuova via compositiva sperimentale che non ha però di niente di
avanguardistico, anzi è quasi retrograda, più che avanti si va indietro.
Bisognerebbe essere consapevoli dei propri limiti, evitare di addentrarsi in
territori al di fuori delle proprie possibilità artistiche.